Quasi tutti i recruiter e i manager HR sono ormai convinti che una solida base di competenze digitali sia un requisito essenziale per ogni professione, senza distinzione alcuna. Infatti, in ogni ruolo e in ogni ambito dove si vada ad applicare una professionalità moderna, è auspicabile che si detengano già delle competenze avanzate per la gestione delle più evolute tecnologie disponibili, nonché una spiccata abilità nella scelta dei migliori e più utili tools a supporto delle attività assegnate.
Non è banale dunque sottolineare che le competenze digitali non si limitano solo a quelle tecnico-informatiche, ma comprendono anche un insieme di abilità, più soft, che permettono di utilizzare in modo efficace e produttivo tutte le tecnologie che il mercato mette e metterà a disposizione.
Il contesto di riferimento.
Un grande dibattito culturale su questi temi ha coinvolto persino la Commissione Europea che, a prescindere dallo sfruttamento delle competenze in ambito di business, ha definito e pubblicato un quadro, il Digital Competence Framework for Citizens, dedicato a tutti i cittadini dell’Unione, proprio per marcare fortemente il concetto che le competenze digitali sono indispensabili e utili a tutti.
Le abilità, è ormai appurato, possono essere suddivise in due categorie principali: hard skill e soft skill. Le hard skill rappresentano le capacità tecniche e pratiche necessarie per utilizzare e lavorare con le tecnologie digitali, e comprendono: il saper utilizzare software specifici, la programmazione, la gestione dei dati, la sicurezza informatica e la comprensione dei concetti tecnologici fondamentali. Esse sono anche facilmente misurabili e possono essere acquisite sia attraverso la formazione che l’esperienza pratica nel lavoro.
Dall’altra parte, le soft skill rappresentano le abilità cognitive, sociali ed emotive che consentono alle persone di utilizzare le tecnologie digitali in modo efficace. Queste attitudini includono, ad esempio, la capacità di problem solving, il pensiero critico, la creatività, la comunicazione efficace, la collaborazione e l’adattabilità e molte altre abilità/qualità che possono essere anch’esse allenate con precisi e puntuali processi di apprendimento. Nel contesto particolare delle competenze digitali, le soft skill sono tanto importanti quanto le hard skill, poiché aiutano le persone a comprendere i bisogni degli utenti, a comunicare in modo chiaro e soprattutto a lavorare efficacemente in team.
Nuove prospettive.
Ma se oggi dovessimo programmare o ri-programmare degli investimenti in competenze digitali, davvero dovremmo includere ancora quelle hard? Da un lato, e per fortuna, stiamo assistendo all’ingresso nel mondo del lavoro della GenZ che, diversamente dai Boomer, ha già nativamente sviluppato abilità hard attraverso un apprendimento naturale e spontaneo. Dall’altro stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione epocale che sfrutta le grandi potenzialità dell’Intelligenza Artificiale (AI), nonché quelle enormi semplificazioni indotte dall’adozione del Computing Spaziale, ovvero la tendenza che prova a ricondurre le meccaniche digitali in un ambito più strettamente umano, legato alle nostre abilità gestuali e sensoriali.
Proviamo a fare un esempio sullo scenario prossimo venturo e sull’evoluzione in atto: se dovessimo immaginare delle abilità per predisporre un progetto, fissare degli incontri, gestire delle presentazioni, assegnare compiti, redigere report e comunicare i risultati con l’ausilio di strumenti digitali, sicuramente avremmo bisogno di qualche risorsa particolarmente skillata con i vari strumenti e servizi digitali utili per questi scopi. Insomma una persona esperta di applicazioni e servizi digitali a servizio del project management, team management, data management, ecc.
Il futuro prossimo.
E invece, già oggi e probabilmente con maggior certezza nell’immediato futuro, forse queste abilità non saranno più necessarie. Ad esempio Microsoft, già partner di ChatGPT dalla prima ora, con il suo servizio Copilot, ha iniziato ad estendere la capacità dei propri servizi e applicazioni con plugin, API e morsetti vari che di fatto permettono di usare l’AI per la gestione di molte attività legate ai team di lavoro. Anche Google si sta muovendo in questo senso portando l’AI dentro la sua suite workspace con risultati molto simili per la gestione dei progetti e dei team di lavoro. Sicuramente tutti gli altri competitor del settore non stanno a guardare, e nel prossimo futuro si adegueranno alle scelte delle Big Tech.
Anche se (detto con chiarezza e consapevolezza) tutto ciò che intravediamo e immaginiamo grazie a questi annunci e a questi video dall’alto impatto emotivo è poca cosa se confrontato con le hard skill digitali necessarie in ambito di programmazione informatica e/o gestione dei dati digitali. In questo campo, infatti, assistiamo a una vera e propria rivoluzione epocale. Gli algoritmi generativi riescono a produrre codice informatico assolutamente perfetto, riducendo quasi a zero il margine di errore e rendendo quasi inutile il lavoro del programmatore, lasciando all’analista il compito di assemblare gli elaborati prodotti dalle AI. Lo stesso fanno con l’analisi dei dati e con la loro interpretazione ai fini di business.
L’AI e il computing spaziale potrebbero essere davvero l’inizio di una nuova era dove si andranno a creare spazi nuovi, sempre più umanizzati e rispettosi del nostro essere. E guai a riempirli di nuova efficienza e produttività. Sarebbe deleterio.