Mamme e lavoratrici, magari anche in carriera? Non in Italia dove questo binomio sembra sempre più difficile. A dirlo sono i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro secondo cui, nel 2022, le dimissioni nei primi tre anni di vita del figlio sono state 61.391 con un aumento del 17,1% rispetto al 2021. Di queste, il 72,8% riguarda proprio le donne ed è strettamente legato alla difficoltà di conciliare la vita con il lavoro.
Le donne non riescono a conciliare lavoro e vita privata
I motivi? il 63% delle neomamme dice di non riuscire a mantenere contemporaneamente l’impiego con il lavoro di cura, cosa che, per i papà, succede solo nel 7,1% dei casi.
Ma anche quando gli uomini si dimettono, le motivazioni hanno poco a che fare con la paternità: in generale lo fanno perché cambiano azienda e, così, migliorano la loro situazione professionale.
Anche se i dati non sono dei più recenti (perché di fatto ancora non ci sono), quello che emerge è che, mentre parliamo sempre più di parità di genere e di cercare di ridurre il gender gap, nel 2024 in Italia essere una mamma lavoratrice è qualcosa di molto complicato. E lo è così tanto che spesso le donne, nonostante abbiano fatto un buon percorso di carriera, sono costrette a lasciare perdere perché non ce la fanno.
Per capire quali i motivi alla base di queste scelte e come oggi le donne riescano a (non) conciliare maternità e lavoro, abbiamo letto alcuni post del gruppo Facebook Mami Club e li abbiamo commentati con Bianca, mamma di 39 anni con una figlia di un anno, che da poco è rientrata al lavoro.
Incapacità di lasciare i figli, orari di lavoro non adatti e cambio di mansioni non previsto
Lasciare il lavoro, per alcune di queste donne, diventa “inevitabile”: molte di esse infatti non riescono a distaccarsi dai figli perché li “amano troppo” e così preferiscono dimettersi entro il primo anno in modo da avere la Naspi. Per poi, forse, riuscire a ricollocarsi.
C’è anche chi vorrebbe tornare al lavoro ma deve fare i conti con ritmi inconciliabili: alcune donne nel gruppo, spiega Bianca, “raccontano di dover iniziare molto presto, quando gli asili nido non sono ancora aperti e allo stesso tempo di non avere aiuto da parte dell’azienda, così l’unica via sono le dimissioni”.
Non sono pochi neanche i casi in cui le neo mamme tornano al lavoro dopo essere mancate per quasi un anno e, durante il primo colloquio con l’HR, scoprono di avere delle mansioni diverse rispetto a prima o di essere state “spostate”. Si tratta di situazioni al limite dell’illegale che però, spiega Bianca, “portano molte mamme, già in difficoltà, a evitare di andare in causa. Abbandonano il lavoro a seguito di un accordo con l’azienda”.
Mentre sono in maternità il lavoro cambia
Senza dimenticare la sfera psicologica: “Una donna che rientra dopo tanto tempo e che lavora in settori ad alto tasso di innovazione, spesso si trova davanti a un lavoro che è cambiato. Sei stata ferma per un lasso di tempo in cui hai perso delle competenze. Inoltre ti senti molto rallentata. Nel gruppo, poi, non sono poche le donne che raccontano di crisi di panico prima di rientrare che, ovviamente, le allontanano dal trovare un equilibrio”.
La flessibilità? Non sempre è positiva
Per Bianca il rientro al lavoro ha significato contrattare con la sua azienda per avere maggiore flessibilità e remote working, ma per lei, a volte, questo modo di lavorare può essere un boomerang.
“Da un lato mi rende più efficiente, dall’altro il fatto che devo (e posso) andarmene quando mi basterebbero giusto quei 10 minuti per finire una call o quel lavoro mi limita. Questo significa anche che, se vuoi mantenere il livello di carriera che avevi prima di diventare madre o avanzare, devi fare delle cose in momenti non consoni: per esempio io mando le e-mail a volte mentre cammino o sono in bagno.
Lo stesso remote working - che faccio per alcuni giorni a settimana - non mi aiuta a fare carriera: per crescere è spesso richiesto di essere presente. Da remoto non riesci a cogliere delle sfumature e l’azienda stessa pensa che se voglio avanzare devo essere più presente”.
Scegliere se accettare le sfide o dedicarsi a progetti “piccoli”
Il percorso di carriera per le neomamme, come precisa Bianca, è anche frutto di scelte non sempre facili. “Quando sono rientrata, l’azienda mi ha dato la possibilità di partire da dove ero rimasta, chiedendomi allo stesso tempo se, visto che sono madre, volevo seguire un progetto più piccolo quindi avere un lavoro più tranquillo. Mi ha dato la possibilità di scegliere se sfidarmi o meno. Non è facile scegliere perché da un lato temi di sovrastimare le tue capacità di gestire tutto, ossia famiglia, lavoro, figli, dall’altro, se scegli di fare un passo indietro, ti sottostimi”.
Per Bianca è stato molto illuminante il confronto con un’altra donna, mamma e in carriera. “Mi ha consigliato di non “castrarmi” a priori, ossia di prendermi quello che mi meritavo anche perché avrei avuto tutto il tempo, dopo, di ridimensionarmi. Fare l’inverso, ossia partire con un progetto piccolo e poi crescere è molto più difficile. Però, se io ho saputo scegliere, molte mamme fanno proprio il contrario: quando rientrano tendono a non crescere o a fare passi indietro perché pensano che, se si trovano in situazioni con meno sfide, riescono a gestire meglio il tutto. Compresi i sensi di colpa che, da madre, hai sempre verso tutti. Verso te stessa se non ti dedichi a quello che vorresti fare, verso tua figlia, se la lasci troppo con una baby sitter, verso i tuoi genitori se li chiami in continuazione nei weekend non permetti loro di godersi la pensione”.
Per i papà la vita non cambia
Questo succede raramente agli uomini: sono pochi quelli che prendono il congedo di paternità, idem quelli che si dimettono, come dicevamo, e per i quali, in caso, il cambio di lavoro è migliorativo.
Nel gruppo Facebook, ci racconta Bianca, sono diversi i post di donne che si ritrovano da sole perché il marito lavora tantissimo e, ancor di più dopo che ha cambiato azienda. L’idea comune è che lo faccia per la famiglia. “Ma non è proprio così. Una donna, quando deve far notare la ridotta presenza del marito o compagno, tende a dirgli che, così facendo, si sta perdendo tantissime cose dei figli che non recupererà. Ma non è tanto quello il problema, quanto il fatto che, a differenza delle madri, la vita degli uomini, quando diventano padri, non cambia.
Continuano a fare carriera, ad avere la partita di calcetto settimanale, a farsi la birretta con gli amici. Tutto il contrario delle mamme che sono continuamente sommerse dagli impegni che spesso gestiscono da sole. Nel gruppo, una donna, che vive una situazione del genere, raccontava che quando per una volta è riuscita ad andare dalla parrucchiera, la figlia di 7 anni le ha detto ‘Mi lasci per farti i fatti tuoi’, cosa che con il padre difficilmente si sogna di dire”.
Abbiamo chiesto a Bianca se pensa che le mamme siano supportate dalla società, ci ha risposto: “Sia sì che no. Sì perché la società rispetto a tanti anni fa sta creando degli spazi in cui le mamme si possono aiutare, c’è un sano confronto e così via. Buona parte di questi è digitale, ma anche nel mio caso - che vivo a Milano - ci sono dei consultori che seguono le mamme lavoratrici. Inoltre, oggi tante influencer parlano di maternità e mettono l’accento sull’importanza della parità economica”. Ricordiamo infatti che le donne in genere guadagnano meno e che, quando si dimettono, anche se inizialmente hanno il sussidio di disoccupazione, questo tende a diminuire dopo i primi 3 mesi.
“C’è poi però l’altro lato della medaglia: la donna non viene messa in grado di esprimere il proprio potenziale per una divisione non equa dei compiti che è un fattore culturale e sociale. Inoltre, io stessa posso confermare come mi venga richiesta una continua performance in tutti i pezzi della mia vita, ma allo stesso tempo, anche sul lavoro, rischio di essere incasellata in un ruolo, quello della mamma, per questo ritenuta meno interessata nonché interessante per alcune evoluzioni professionali. Insomma, c’è ancora tanto da fare”: