Quando si parla di leadership visionaria e successo imprenditoriale, il nome di N.R. Narayana Murthy, co-fondatore di Infosys, emerge come un punto di riferimento globale. Tuttavia, ciò che rende Murthy una figura polarizzante non è solo il suo contributo all’innovazione tecnologica, ma la sua filosofia sul lavoro. Un approccio che sfida le attuali tendenze verso il benessere lavorativo e pone domande cruciali per chi si occupa di risorse umane e organizzazione aziendale.
Durante il recente CNBC Global Leadership Summit, Murthy ha ribadito la sua controversa opinione: i giovani dovrebbero lavorare 70 ore a settimana per avere successo. Un’affermazione che, in un panorama dove la cultura del lavoro si sta ripensando, rappresenta un’anomalia significativa. Come si concilia una visione del genere con l’attuale attenzione verso il work-life balance, la flessibilità e il benessere organizzativo?
Il contesto: una carriera costruita sul sacrificio
Murthy non parla senza cognizione di causa. Nel 1981, insieme ad altri sei co-fondatori, ha avviato Infosys con un capitale iniziale di 250 dollari. Oggi, la società è un colosso globale con uffici in 56 paesi, 317.000 dipendenti e una capitalizzazione di mercato superiore a 92 miliardi di dollari.
Murthy racconta con orgoglio di aver lavorato 14 ore al giorno, sei giorni e mezzo a settimana, per oltre 30 anni. Un ritmo che ha mantenuto fino al pensionamento nel 2011, all’età di 65 anni. Per lui, questo sacrificio personale era non solo necessario, ma inevitabile per costruire un’azienda leader mondiale.
L’etica del lavoro di Murthy: un’idea fuori tempo?
L’opinione di Murthy che i giovani dovrebbero lavorare fino a 70 ore settimanali appare in netto contrasto con le esigenze e le priorità delle nuove generazioni. I suoi commenti sul taglio della settimana lavorativa in India, ridotta da sei a cinque giorni nel 1986 – definita un errore – aggiungono ulteriore complessità al dibattito.
Mentre Murthy sostiene che il successo richieda dedizione estrema, dati recenti mettono in discussione questa prospettiva. Uno studio del World Economic Forum ha evidenziato che lavorare più di 50 ore settimanali porta a un calo della produttività e a un aumento significativo del rischio di burnout. Per le organizzazioni, ciò si traduce in un aumento dell’assenteismo e in un decremento delle performance nel lungo periodo.
Una sfida per le risorse umane: il futuro del lavoro tra produttività e benessere
Per gli HR Manager, le dichiarazioni di Murthy sollevano interrogativi fondamentali: quale approccio al lavoro è sostenibile in un’epoca caratterizzata da grandi dimissioni e da una crescente attenzione verso la salute mentale e il benessere organizzativo?
Secondo uno studio di Gallup, il 59% dei dipendenti globali ritiene che il proprio benessere generale sia strettamente collegato al modo in cui le aziende bilanciano il carico di lavoro con il supporto alla persona. In questo contesto, la visione di Murthy può sembrare distante, ma non priva di un fondo di verità. È indubbio che la dedizione personale giochi un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi, ma l’estremo sacrificio non è più visto come la risposta universale.
Il modello di Murthy è replicabile oggi?
Infosys è un caso di studio straordinario, ma anche unico. La capacità di Murthy e dei suoi co-fondatori di costruire un’azienda tecnologica leader mondiale partendo con risorse limitate non è una regola applicabile a tutte le realtà aziendali. Inoltre, l’era in cui Murthy ha operato è diversa da quella attuale, caratterizzata da un forte impatto tecnologico e da nuove modalità di lavoro ibride.
I leader di oggi devono confrontarsi con una forza lavoro che attribuisce un valore crescente alla flessibilità e al benessere, senza tuttavia rinunciare alla produttività. Il successo aziendale non si misura più solo in base alle ore lavorate, ma alla capacità di attrarre e trattenere talenti, di stimolare la creatività e di promuovere una cultura aziendale positiva.
Le dichiarazioni di N.R. Narayana Murthy sono un potente richiamo a riflettere sul significato del lavoro e del successo nel contesto moderno. Se da un lato sottolineano l’importanza della dedizione personale, dall’altro evidenziano l’urgenza di ridefinire i modelli lavorativi per adattarli a una forza lavoro che privilegia qualità della vita e sostenibilità. Per gli HR Manager, la sfida è trovare un equilibrio tra produttività e benessere, tra l’ambizione di costruire qualcosa di straordinario e la consapevolezza che il sacrificio non può essere l’unica strada verso il successo.