Secondo l’ultimo Workforce Confidence Survey di LinkedIn (Fonte: LinkedIn News – “Remote work continues to decline” 17 marzo 2025)., il lavoro da remoto sta diminuendo costantemente negli Stati Uniti. Se nel 2020 il 46% dei dipendenti lavorava interamente da remoto, oggi la percentuale si è quasi dimezzata, attestandosi al 26%. Anche il modello ibrido è in crescita, ma con numeri ancora troppo contenuti per parlare di un vero cambio di paradigma. Nel frattempo, il lavoro in presenza continua a dominare, con il 55% delle persone che operano principalmente in ufficio.
Di fronte a questi dati, è inevitabile chiedersi: stiamo davvero facendo un passo avanti nella cultura del lavoro o stiamo tornando a vecchi modelli superati?
Ritorno all’ufficio: scelta strategica o rigidità organizzativa?
L’articolo di LinkedIn News evidenzia come la riduzione delle opportunità di lavoro da remoto stia creando una situazione di career gridlock, ovvero un senso di blocco per molti lavoratori, in particolare nei settori impiegatizi. La domanda di posizioni remote rimane altissima (quasi il 40% delle candidature), mentre l’offerta si riduce drasticamente (solo l’8% degli annunci). Questo squilibrio suggerisce che, più che un cambiamento culturale guidato da nuove esigenze organizzative, il ritorno in ufficio sia spesso il risultato di una scelta imposta dalle aziende, più che una risposta a reali necessità produttive.
Questa inversione di rotta sembra non tenere conto di un dato cruciale: il mercato del lavoro e l’economia globale sono già multiculturali e diffusi. Insistere su criteri rigidi come il tempo e il luogo di lavoro appare sempre più anacronistico.
Ripensare il lavoro: un modello più fluido e sinergico
Noi di Smart Working Magazine crediamo in un modello di lavoro innovativo e culturalmente etico, in cui il capitale umano venga valorizzato attraverso una maggiore libertà organizzativa. La collaborazione non dovrebbe essere vincolata alla presenza fisica, ma basata su obiettivi, risultati e sinergie che superano i confini geografici.
Immaginiamo un futuro del lavoro in cui le aziende siano realmente multiculturali e distribuite, come lo è già il mercato globale. Un futuro in cui il lavoro non sia legato a un luogo fisso, ma a una rete di spazi flessibili e dinamici. I team potrebbero incontrarsi periodicamente in sedi diffuse, scegliendo momenti di team building e focus di lavoro per rafforzare la sinergia e i valori aziendali, anziché essere costretti a una routine rigida che limita la produttività e il benessere.
Se il lavoro remoto sta diminuendo, non significa che il modello sia fallito. Piuttosto, è il segnale che servono nuove modalità di collaborazione, più mature e integrate. Il futuro non è nel ritorno all’ufficio tradizionale, ma in un’organizzazione che sappia adattarsi alle esigenze reali del capitale umano, garantendo benessere, efficienza e inclusione.
La sfida è aperta: le aziende sapranno coglierla o rimarranno ancorate a modelli ormai superati?