Ricordate i discorsi sulle settimane da 4 giorni e riduzione di orari per lavorare in modo più efficace? Se lavorate per Google, vi sembreranno discorsi di un'altra era geologica.
È solo lavoro e niente svago per i dipendenti di Google?
Con la competizione nel campo dell'intelligenza artificiale (IA) in costante crescita, la leadership di Google sostiene che il duro lavoro – e in grande quantità – sia la chiave per rimanere al vertice.
Ma con il co-fondatore Sergey Brin che spinge per settimane lavorative più lunghe in ufficio, l'approccio del colosso tecnologico ha acceso il dibattito: lavorare di più porta davvero a risultati migliori o si tratta solo di un altro esempio di cultura del superlavoro che rischia di andare oltre il limite?
I co-fondatori di Google vogliono dipendenti in ufficio per 60 ore a settimana
Brin è finito sotto i riflettori la scorsa settimana dopo aver esortato i dipendenti di Google a lavorare 60 ore settimanali in ufficio.
In un memo interno trapelato, Brin ha dichiarato che il personale che lavora al modello IA di Google, Gemini, dovrebbe essere presente in sede "almeno" ogni giorno feriale e che 60 ore settimanali in ufficio rappresentano "il punto ideale" per la produttività.
"Alcune persone lavorano meno di 60 ore e un piccolo numero si limita al minimo indispensabile per cavarsela," ha scritto Brin. "Questo ultimo gruppo non solo è improduttivo, ma può anche essere altamente demotivante per tutti gli altri."
L'ultima dichiarazione di Brin arriva mentre Google cerca di mantenere il primato nella corsa all'IA.
"La competizione si è intensificata enormemente e la corsa finale verso l'AGI è iniziata", ha aggiunto. "Credo che abbiamo tutti gli ingredienti per vincere questa corsa, ma dobbiamo potenziare i nostri sforzi."
Il problema della "cultura del grind"
La cultura del "grind" e dell'iper-produttività promuove l'idea che un lavoro incessante porti al successo, spesso a discapito dell'equilibrio tra vita privata e professionale, della salute mentale e del benessere.
Ciò porta inevitabilmente a stress e burnout, un problema che, secondo un rapporto di Mental Health Europe, ha colpito significativamente il 91% degli adulti nell'ultimo anno.
Non sorprende, quindi, che le dichiarazioni di Brin abbiano ricevuto reazioni contrastanti. Se da un lato alcuni hanno elogiato il suo impegno nel guidare gli sforzi di Google sull'IA, dall'altro c'è chi ha criticato il suo approccio per aver incentivato il superlavoro e una mentalità incentrata esclusivamente sulla produttività.
L'esperta di salute mentale Catherine Eadie ha scritto su LinkedIn: "Quello che Brin sta promuovendo non è produttività, ma superlavoro performativo. È un distintivo d'onore per una leadership che vuole ottenere di più dai dipendenti senza investire in migliori condizioni di lavoro, autonomia o motivazione genuina."
Il paradosso del superlavoro nell'era dell'IA
Albert Fong, Vicepresidente di Kanarys, ha sottolineato l'ironia della richiesta di Google di aumentare il carico di lavoro proprio mentre l'azienda sviluppa modelli di IA in grado di automatizzare compiti complessi.
"È strano che Google spinga per orari più lunghi quando gli stessi modelli di IA che stanno costruendo potrebbero un giorno sostituire i loro ruoli", ha commentato Fong.
"L'ironia è evidente: si chiede agli ingegneri di aumentare il loro carico di lavoro per migliorare modelli di IA che potrebbero replicare il loro stesso lavoro, mentre le aziende stanno già utilizzando modelli generativi per automatizzare compiti di ingegneria."
Flessibilità o rigidità? Il dilemma delle aziende
Sebbene Google insista su una maggiore presenza fisica e orari prolungati, molte aziende ritengono che la flessibilità lavorativa e un buon equilibrio tra vita privata e professionale possano portare a un successo uguale, se non superiore.
Secondo un recente sondaggio, il 67% delle aziende ritiene che le modalità di lavoro flessibili abbiano un impatto positivo sulla produttività, mentre solo l'8% afferma il contrario. Inoltre, il 31% delle aziende che si dichiarano "estremamente ottimiste" sulla crescita futura considera il lavoro flessibile un fattore chiave di produttività.
Questo dato, unito al fatto che il 52% dei lavoratori prenderebbe in considerazione solo offerte di lavoro con opzioni di flessibilità integrate, mostra una chiara preferenza per modelli più adattabili.
In un'epoca in cui la tecnologia consente sempre più il lavoro da remoto e l'automazione sta ridefinendo il concetto stesso di produttività, l'approccio di Google potrebbe rendere più difficile attrarre e trattenere i migliori talenti.
La sfida per il futuro non sarà solo quella di vincere la corsa all'IA, ma anche di trovare un equilibrio tra efficienza aziendale e benessere dei dipendenti. Google sta davvero scegliendo la strada giusta?