Come investitore in startup, nel corso degli anni ho visto nascere e morire tante iniziative brillanti. E una costante mi è ormai chiara: gli errori nella gestione delle risorse umane sono tra le cause più frequenti – e spesso più trascurate – del fallimento precoce di molte imprese.
Uno degli errori più comuni è la smania del founder di auto-riconoscersi subito uno stipendio fisso e garanzie contrattuali, come se l'impresa fosse già consolidata. Ma questo è il sintomo di un problema più profondo: se non sei disposto ad assumerti il rischio d’impresa, non puoi “assumere te stesso”.
C’è poi la volontà, quasi ossessiva, di “diventare grandi” in tempi record, iniziando ad assumere personale senza la flessibilità necessaria nella fase iniziale. Così si rischia di trovarsi, a distanza di pochi mesi, a dover licenziare o peggio: gestire cause legali per mancanze su contratti, contributi o obblighi di legge. Le aree fiscale e legale sono troppo spesso lasciate indietro, e si paga caro.
Vediamo allora, uno per uno, gli errori più comuni nella gestione HR delle startup, e come evitarli per costruire basi solide sin dall’inizio.
1. Assumere in fretta, pentirsene con calma.
Quando iniziano ad arrivare i primi investimenti, le startup tendono ad accelerare le assunzioni. L’entusiasmo è comprensibile, ma spesso porta a inserire persone senza un processo strutturato. Mancano descrizioni di ruolo chiare, una strategia di selezione o una valutazione culturale. Il rischio? Assumere figure non in linea con lo spirito imprenditoriale richiesto in una fase iniziale.
Serve invece un approccio più lucido e strategico: sapere di cosa hai realmente bisogno, valutare i candidati con attenzione, e accertarsi che condividano i valori e la visione dell’azienda.
Nel mercato italiano, un errore di assunzione può costare decine di migliaia di euro tra costi di formazione, tempo perso, contributi versati e possibili contenziosi.
2. Trascurare contratti e policy.
Ancora oggi, molte startup assumono senza contratti scritti, oppure usano modelli generici trovati online. Gli accordi verbali sembrano comodi, ma espongono a rischi enormi. Senza contratti chiari, ogni questione su compensi, ferie, mansioni o orari può trasformarsi in una disputa legale.
Ogni collaboratore, sin dal primo giorno, deve avere un contratto regolare, conforme alla normativa italiana, che chiarisca diritti, doveri, retribuzione, orario e periodo di prova.
In più, è fondamentale adottare policy interne su assenze, disciplinari, sicurezza sul lavoro e gestione dei reclami.
Non solo per una questione di legge, ma per creare un contesto di chiarezza, trasparenza e fiducia reciproca.
3. Ignorare la cultura aziendale.
Molti founder pensano che la cultura aziendale sia qualcosa che verrà “da sola” col tempo. In realtà è un elemento strategico da definire subito. In una startup, dove spesso si lavora sotto pressione, la cultura è ciò che tiene insieme il team.
Se non c’è una visione chiara dei valori, si rischia di creare un ambiente tossico: orari infiniti, comunicazione caotica, ruoli confusi. È il fondatore a dover dare il tono: scegliere e vivere i valori aziendali, comunicarli, riconoscere i meriti e incentivare il rispetto delle persone.
Anche le iniziative per il benessere del team – dal lavoro flessibile al supporto psicologico – non devono aspettare la “grandezza aziendale”: si costruiscono dal primo giorno.
4. Sottovalutare gli obblighi di legge.
La normativa sul lavoro in Italia è complessa e molto severa. Basta poco per finire in situazioni spiacevoli: mancata iscrizione all’INAIL, contributi non versati all’INPS, uso scorretto di partite IVA o contratti a progetto. Tutto questo può sfociare in sanzioni, contenziosi e danni reputazionali.
Un solo errore può costare più di quanto si è raccolto in un intero seed round.
È per questo che tante startup scelgono di esternalizzare la funzione HR o si affidano da subito a consulenti legali e fiscali, così da evitare brutte sorprese. È un costo, certo. Ma è infinitamente più basso rispetto a una vertenza o un’ispezione dell’Ispettorato del Lavoro.
5. Non investire nello sviluppo delle persone.
“Non possiamo permetterci la formazione.” È una frase che si sente spesso tra i founder. Ma la verità è che non puoi permetterti di ignorarla.
Le persone capaci vogliono crescere. E se non glielo permetti, se ne andranno. O peggio, resteranno demotivate.
In Italia, il 92% dei lavoratori ritiene che la formazione incida sul loro coinvolgimento nel lavoro, e il 59% dichiara che migliora le performance.
Non servono corsi costosi: bastano feedback costanti, affiancamenti, progetti sfidanti e percorsi di crescita chiari.
6. Gestione documentale disordinata.
La gestione informale “alla buona” è un altro classico delle startup. Ma se non tieni in ordine contratti, buste paga, comunicazioni obbligatorie e documentazione su ferie, assenze e valutazioni, rischi sanzioni da parte dell’INPS, INAIL o dell’Ispettorato del Lavoro.
Meglio dotarsi fin da subito di un sistema HR (anche digitale e snello) o almeno di un archivio cloud sicuro. Ti aiuterà a dormire sonni più tranquilli.
Insomma...
Le startup vivono di velocità e audacia. Ma nell’ambito HR, tagliare angoli è un boomerang.
Mettere in campo basi solide – con contratti regolari, politiche e processi chiari, conformità legale e una cultura sana – ti permette di crescere in modo sostenibile e attrarre persone di valore.
Perché il vero capitale di una startup, oggi più che mai, sono le persone giuste, al posto giusto, nel momento giusto.