Sempre più persone rivendicano la necessità di un migliore equilibrio, la flessibilità che va e viene, la settimana corta il nuovo “mito”... Ma siamo sicuri che saprebbero “maneggiare” il worklife balance? E come questo è collaterale allo smart working? A quanto pare, anche da un vecchio sondaggio sui nostri lettori, è questo il nodo del mondo del lavoro moderno.
Però, tra incapacità di gestire i momenti liberi e di darsi dei limiti durante lo svolgimento delle proprie mansioni, i lavoratori per primi dovrebbero riflettere sull’impiego del loro tempo. Ovvero, difficoltà ad andare in ferie e a prendersi dei permessi, lavorare fuori dagli orari e quindi anche il lavoro da remoto perde l’essenza (ma quanto è significativa la cover di Bianca Bagnarelli per il The New Yorker?!).
Molti considerano il worklife balance un riscatto da una vita piena di sacrifici, tuttavia quando hanno l’occasione di sperimentarlo non sanno che farsene, finendo per fare più lavatrici, giocare una partita a tennis in più a settimana o, peggio ancora, mettersi in pari con il lavoro arretrato. Insomma, rincorrere sempre le scadenze, mantenendo lo stesso passo di prima, “running to stand still” come hanno cantato gli U2.
Allora cos'è cambiato?
Il problema di fondo sta proprio nel “balance”. Se non conosciamo l’equilibrio, non del tempo ma di quello che ci fa concretamente bene, le frustrazioni restano, come anche il senso di vuoto.
Ecco così che su questo annoso tema Smart Working Magazine ha voluto fare un approfondimento, lo troverete nel prossimo episodio di "Questione di Equilibrio", la nostra newsletter dedicata all’equilibrio tra vita e lavoro.
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