Il processo di deindustrializzazione in Italia intreccia vari fattori: dal disimpegno di Stellantis, alla mancanza di una politica industriale nazionale, passando per il lavoro che va verso quei paesi – dalla Polonia alla Romania – pur nell’UE ma con condizioni di salario e conflittualità sindacale deboli. Senza dubbio è una beffa in un’Europa dove si cerca di rendere tutto integrato ma l’unica cosa che non si vuole unificare sono le condizioni del lavoro e i diritti. Con un salario minimo intercategoriale europeo queste logiche speculative sarebbero perlomeno indebolite.
Per Smart Working magazine sono tornato - tre mesi dopo la prima visita a livello personale - allo stabilimento della GKN Driveline Firenze di Campi Bisenzio, dove i lavoratori sono in assemblea permanente in risposta alla decisione del fondo speculativo inglese Melrose di dismettere dalle loro proprietà lo storico stabilimento dell’automotive italiano.
Qui ho intervistato Dario Salvetti, RSU e volto della comunicazione della fabbrica in questa vertenza assunta alle cronache nazionali.
Qual è il significato della lotta dei lavoratori di GKN-Firenze?
La lotta dei lavoratori della ex-GKN è un anello di una catena che viene da lontano ed è fatta di chiusure, licenziamenti e ricerca delle multinazionali del massimo profitto. Sapevamo che poteva capitare anche a noi perché nessuno è al riparo da quello che è accaduto. Da tre anni la multinazionale GKN è stata acquisita da un fondo finanziario che è un’entità che produce licenziamenti: mentre noi produciamo semi-assi per auto, loro producono ristrutturazioni di aziende e guadagnano da queste operazioni. In maniera dichiarata, peraltro, come tutte le società di questo tipo.
L’attività del fondo Melrose è acquisire aziende, ristrutturarle trasformandole in prodotti finanziari con l’annuncio di future redditività, fare un reprice delle azioni - tutto da verificarsi peraltro – e rivendere lasciando dietro di sé licenziamenti. In questo momento abbiamo come controparte un management che non sa neppure sulla cartina d’Italia dove si trova lo stabilimento.
Questa è una realtà che ha 80 anni di storia, GKN-Firenze viene da FIAT, e oggi viene liquidata da qualcuno a Londra che probabilmente non sa neppure cosa si produce e vende in qui. Questo purtroppo sta avvenendo in tutta Europa e non solo, direi in tutto il mondo capitalistico avanzato.
Però la risposta del territorio qui è stata incredibile: dalla società civile agli studenti, tutti si sono stretti intorno a voi.
La nostra realtà è sempre stata “multirelazionale”. Negli anni abbiamo sempre portato solidarietà agli altri lavoratori e lavoratrici. E resistere sui nostri diritti, in particolare sul tempo libero, ha permesso ai 400 lavoratori della ex-GKN di essere attivi sul territorio in termini di volontariato. Così quando hanno toccato questa fabbrica hanno toccato un’intera comunità. Fin dall’inizio dicevamo che il problema non era solo “il nostro posto di lavoro” bensì “i posti di lavoro”.
Quindi distruggere posti di lavoro in questo modo significa che il problema oggi è mio ma domani potrebbe essere tuo. In più abbiamo affermato che il nostro caso non era più sfortunato ma alla pari del milione di posti di lavoro persi durante la pandemia e questo probabilmente è la chiave per comprendere tutta la solidarietà del territorio nei nostri confronti.
Ovviamente stiamo lottando contro un modello di capitalismo finanziario che è impensabile di sconfiggere se “non si cambia il mondo”!
La comunicazione è stata essenziale: avete coinvolto da Zerocalcare (ha realizzato i poster delle manifestazioni) a Piero Pelù (esibito in concerto davanti ai cancelli della fabbrica). Mi sembra un salto di qualità rispetto a tutte le altre vertenze italiane e vi ha dato una visibilità nazionale.
Le cose che diciamo oggi le abbiamo sempre dette, forse adesso che siamo con le spalle al muro gridiamo più forte. Ma abbiamo accompagnato alle parole i fatti: ci siamo coalizzati in assemblea permanente e messo i nostri corpi per impedire la delocalizzazione. Evidentemente se perderemo pagheremo delle conseguenze per quello che stiamo facendo, ma lo facciamo serenamente anche per portare in dote ai nostri figli e al territorio l’idea che non si può continuare a subire.
Ripeto, fin dall’inizio abbiamo chiarito che non si tratta solo del “nostro posto di lavoro” ma di un patrimonio collettivo, perché questa fabbrica appartiene a tutta la collettività locale.
Perché se domani decidiamo per la fine della vertenza e in assemblea votiamo per la chiusura dello stabilimento – tra l’altro è una possibilità, le vertenze prima o poi hanno una fine e noi come persone dobbiamo pensare al futuro – qui rimarrebbe uno scheletro industriale. Il territorio e la politica dovrebbero essere interessati quanto e più di noi a salvare questa fabbrica!
L’altra cosa è che ci siamo sempre rivolti a tutti i lavoratori e lavoratrici, anche quelli dello spettacolo, perché per noi non è strategica solo l’automotive ma la vita in tutte le sue professioni.
Cover foto: © Andrea Sawyerr - Campi Bisenzio, stabilimento ex-GKN Firenze, 2021.