Il primo giorno di lavoro, per molti, è un salto nel vuoto. Spesso ci si sente persi, senza una guida chiara su cosa fare, a chi rivolgersi o come inserirsi nell'ambiente. Se questa confusione iniziale può sembrare normale, è preoccupante che molti dipendenti continuino a sentirsi inadeguati anche dopo mesi. In Italia, come nel resto del mondo, la formazione sul lavoro sembra essere passata in secondo piano, con gravi conseguenze per aziende e lavoratori.
Un problema diffuso e costoso.
Secondo uno studio Gallup, meno della metà dei lavoratori americani dichiara di sapere cosa ci si aspetti da loro sul lavoro, e i dipendenti "non ingaggiati" costano globalmente 8,8 trilioni di dollari in produttività persa. Sebbene il dato si riferisca agli Stati Uniti, il problema è altrettanto rilevante in Italia, dove molte aziende faticano a investire in formazione e mentoring.
La pandemia ha ulteriormente complicato la situazione. Con l’aumento del lavoro ibrido e remoto, l'apprendimento "per osmosi", che avveniva naturalmente in ufficio, è diventato sempre più raro. La tecnologia, sebbene utile, spesso fallisce nel colmare queste lacune. Video formativi e app non possono sostituire il confronto umano diretto, indispensabile per acquisire competenze pratiche e un senso di appartenenza.
Formazione: un investimento e non un costo.
In Italia, la formazione è spesso percepita come un "extra", non come un elemento centrale della strategia aziendale. Il risultato? Dipendenti lasciati a se stessi, manager troppo occupati per fare mentoring e una carenza cronica di competenze che rallenta la produttività.
È un circolo vizioso. La pressione per "fare di più con meno" spinge le aziende a tagliare risorse per la formazione, preferendo assumere talenti già pronti. Ma questa mentalità non tiene conto dell’importanza del trasferimento di conoscenze interne, che contribuisce alla continuità e all'efficienza aziendale.
Un esempio illuminante viene da una società che ha sperimentato i costi di una formazione insufficiente. I progetti all'improvviso hanno iniziato a rallentare, i manager erano costretti a intervenire e il lavoro di squadra ne risentiva. La soluzione è stata rallentare il processo di onboarding e centralizzare la responsabilità della formazione. Una lezione che molte aziende italiane potrebbero applicare: investire ora nella formazione significa risparmiare tempo e denaro nel lungo termine.
Il ruolo cruciale dei manager.
I manager, spesso definiti come "il cuscinetto tra strategia e operatività", giocano un ruolo chiave nella formazione. Tuttavia, in molti casi, si trovano sovraccarichi di compiti e senza gli strumenti necessari per essere efficaci. Questo problema è evidente anche in Italia, dove la figura del middle manager è spesso trascurata nei piani di sviluppo professionale.
Un manager che dedica tempo a formare i propri collaboratori contribuisce al successo dell'intero team. Ma se il suo carico di lavoro è insostenibile o se gli obiettivi personali sono prioritari rispetto a quelli del gruppo, è improbabile che trovi il tempo per svolgere questo ruolo cruciale.
Come risolvere il problema?
1. Rivalutare l'importanza del mentoring: secondo una ricerca di Adobe, l'83% dei lavoratori della Generazione Z ritiene fondamentale avere un mentore, ma solo il 50% ne ha uno. Questo dimostra l’importanza di programmi di mentoring ben strutturati, che vadano oltre le semplici piattaforme tecnologiche.
2. Investire nei giovani: invece di concentrare risorse sui vertici aziendali, sarebbe più efficace investire nella formazione delle figure junior. Questi dipendenti rappresentano il futuro dell’azienda e, se adeguatamente formati, possono offrire un ritorno sull'investimento significativo.
3. Integrare tecnologia e interazione umana: la tecnologia può semplificare la formazione, ma non deve essere l’unico strumento. Per esempio, un software per il training può affiancarsi a sessioni pratiche guidate da manager o colleghi esperti.
4. Creare piani di onboarding personalizzati: dare a un nuovo assunto il tempo di ambientarsi è cruciale. Invece di aspettarsi che un dipendente sia operativo al 100% in una settimana, un processo di onboarding di un mese, con obiettivi chiari e progressivi, può fare la differenza.
5. Flessibilità per il lavoro remoto: anche in un contesto remoto, la formazione può essere efficace se ben pianificata. È fondamentale che i leader comunichino apertamente e che i dipendenti si sentano liberi di chiedere supporto.
Una chiamata all'azione per le aziende italiane.
In Italia, il concetto di formazione continua deve essere rivalutato. La competitività aziendale non dipende solo dalle competenze già presenti, ma dalla capacità di far crescere i propri talenti. Investire nella formazione non è solo una responsabilità sociale, ma una strategia per migliorare la produttività e ridurre il turnover.
I dipendenti, dal canto loro, devono essere proattivi. Chiedere supporto, evidenziare inefficienze nei processi e contribuire attivamente alla cultura dell'apprendimento sono passi essenziali per trasformare il luogo di lavoro in un ambiente più efficace e collaborativo.
Se aziende e lavoratori riusciranno a cogliere questa opportunità, potranno non solo superare le sfide attuali, ma costruire basi solide per un futuro più produttivo e soddisfacente.