Sia il mondo lavorativo sia le dinamiche sociali sono oggi caratterizzati dall’iper connessione. Il fenomeno ha subito un’impennata dall’era post-Covid ad oggi, fino a causare un fenomeno annesso e conseguente: la stanchezza digitale. Questa è in primo luogo una stanchezza visiva causata dalla lunga esposizione alle schermi, ma non solo. Le conseguenze sono riscontrabili anche a livello neuronale.
Sull’argomento sono emersi nel tempo diversi studi, tra i più recenti quello pubblicato su scientist report, il quale descrive il fenomeno anche come possibile causa anche di stress ed esaurimenti nervosi. È importante sottolineare però come fino ad oggi questi studi non abbiano studiato una correlazione diretta tra le ore lavorative di fronte agli schermi, soprattutto in videochiamata, e reazioni di salute gravi. Resta però certo che l’esposizione continua agli schermi non regali effetti positivi al corpo e alla mente. Esiste infatti un collegamento tra l’eccessivo uso degli schermi sul luogo lavorativo e la stanchezza, sia fisica sia emotiva, ma anche demotivazione e stress: è la “stanchezza digitale”.
Stanchezza digitale, versione social
Dalla stanchezza digitale deriva poi una ramificazione: quella social. Spesso, infatti, non si tratta solo di stanchezza derivata da videocall lavorative. Gli stessi effetti possono essere causati dai social media: ci si sente oppressi dalla finta realtà mostrata attraverso gli schermi, patinata e irraggiungibile.La stanchezza digitale da abuso dei social media deriva da una mutazione di questo sistema mediatico che, nel corso del tempo, è passato dall’essere uno strumento di socializzazione all’essere qualcosa di totalmente anti-sociale.
Infatti, se inizialmente lo scopo era ricreativo e di condivisione, oggi è soprattutto di osservazione: l’utente passa da un ruolo attivo ad uno passivo, quale la passione compulsiva per lo scrolling e la creazione di profili vuoti.
Questo comportamento mediatico si riscontra soprattutto nella Generazione Z, vittima preferita dei social e del grande gap comunicativo che questi creano bombardando l’utente di stimoli. Anche in questa versione social della problematica il risultato è lo stesso: conseguenze sulla propria salute fisica e psicologica.
Iperconnessione: qualche dato
Sulla base del report annuale digital 2023, che analizza lo scenario digitale a livello nazionale e globale, si può osservare come siamo sempre più attivi, sempre più connessi online e fruiamo sempre più prodotti, in particolar modo i video. Sul fronte lavorativo si è evidenziato che oggi circa l’80% delle imprese lavora a contatto con strumenti tecnologici.
Per quanto riguarda nello specifico il nostro Paese, risulta particolarmente utile il report imprese e Ict pubblicato ogni anno dall’Istat. Come dimostrato da questi il lavoro da remoto caratterizza 7 aziende italiano su 10.
Si riscontrano al contempo aumenti dell’utilizzo della tecnologia anche in contesti extra lavorativi, soprattutto gli adolescenti, il cui 90% (nel range di età 11-19) usa il cellulare quotidianamente, con una media che va dalle 3 alle 6 ore.
Ma cosa dicono i dati riguardo non la problematica bensì le sue conseguenze? Nel 2023 il 76% degli italiani - con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente - ha vissuto dei sintomi di malessere da esposizione prolungata agli schermi.
Soluzioni temporanee alla stanchezza digitale: il digital detox
Anche dietro alle problematiche causate dalla tecnologia si è sviluppato un dato marketing: quello dei soggiorni “digital detox”. Il nuovo lusso abbina infatti il classico hotel all’esperienza di allontanarsi dai propri dispositivi tecnologici: nascono baite, alloggi immersi nella natura, sistemazioni per la notte previste però di scatole e lucchetto per gli smartphone.
L’obiettivo è quello di fare un digital detox: un periodo di disintossicazione dagli schermi e da tutto ciò che ne deriva: iperconnessione, condivisioni immediate sui social media ma anche stress e ansia.
La tendenza mental wellness è arrivata anche in Italia: dalla Sardegna all’Umbria, passando per il Trentino, le regioni che mettono a disposizione le proprie risorse naturali per una pausa benessere lontana dagli schermi sono sempre di più.
Allontanarsi dagli schermi può diventare una vera e propria vacanza ma non per forza. Ogni giorno è possibile tentare di governare la nostra dipendenza tecnologica.
In vista di tale obiettivo è dunque utile ricordare quanto detto: che la stanchezza derivi dagli schermi nelle ore lavorative o durante il tempo libero, influenza il nostro modo di relazionarci faccia a faccia con le persone. Inoltre, che si tratti di stare di fronte allo schermo del PC per lavoro o dell’abuso di quello del telefono nel tempo libero, l’esposizione alla tecnologia ci colpisce su due fronti: mentre gli schermi blu causano danni fisici, i contenuti ci influenzano psicologicamente (e spesso inconsciamente).
Però non tutto il male viene per nuocere. Come afferma Tim Kendall in The social dilemma, il documentario Netflix di Jeff Orlowski, dimentichiamo spesso ciò che gli schermi hanno reso possibile: “hanno riunito famigliari, trovato donatori di organi, ci sono stati cambiamenti significativi e sistemici in tutto il mondo”.
La gravità risiede dunque non nelle tecnologie, bensì nell’uso che facciamo di esse: nessuno aveva previsto queste conseguenze. Assimilando l’abitudine di tali strumenti lasciamo che facciano da tramite, perdendo la propria e innata capacità di relazionarci faccia a faccia con le persone.
In conclusione, sorge dunque la domanda: sappiamo davvero come gestire la tecnologia o da fruitori siamo diventati abusatori?