In Italia succede spesso così, e ancora di più da quando ci sono i social media ad amplificare ogni situazione. Si parla di qualcosa che genera indignazione per settimane per poi far finire tutto nel dimenticatoio. Ma nel frattempo le cose continuano ad accadere, nel silenzio e nell'indifferenza di tutti.
Mi riferisco al sessismo sul lavoro e a quello che, ancora oggi, le donne (a volte anche gli uomini) subiscono all’interno delle organizzazioni.
Ricordate la vicenda di We Are Social? Un ex dipendente denunciò delle prassi consolidate fatte di chat maschiliste, di commenti al vetriolo, classifiche di un certo tipo ecc… Da lì sui social (e su alcuni media) si scatenò un putiferio e io stessa, mentre ero per qualche giorno in vacanza, ricevetti diversi messaggi dalle mie amiche. “Hai visto cos’è successo?” “Cosa ne pensi?”. E così, anche se mi ero ripromessa di non usare LinkedIn mentre ero fuori, scrissi il mio post oltre a commentare quelli altrui.
E già, perché in nuce o in forma plateale, di avere a che fare con il sessismo sul lavoro è successo a tutte. Anche a me.
Il sessismo è ovunque, non solo nelle agenzie.
A volte sono battute stupide che apparentemente non toccano. ma che poi in profondità ti scavano dentro: “Voi donne quando avete le vostre cose, e chi vi può stare vicino?”. Oppure “Sei sclerata, non avrai mica le tue cose?” per poi passare a etichette o definizioni che mortificano: “È scopabile” “Sì, me la farei ma con un cuscino addosso”, “Da quando è diventata mamma è sfondata”, “C’ha un culo grande come una casa”. Per non parlare poi dei trucchetti messi in atto, in particolare dai capi - fissare delle riunioni brevi quando basterebbe un’email, chiamare in continuazione ecc.. - per guardare quella persona, la sua scollatura, il fondoschiena ecc…
Non è niente di nuovo, ma riportare una definizione che è emersa dall’Osservatorio Nazionale di Fiordirisorse del 2022, “il sessismo è il ricorso al genere per screditare la professionalità” ci può e ci deve invitare a una riflessione.
In primis: dove succedono queste cose? Solo nelle agenzie? Non so se ci avete mai avuto a che fare: quelle digital sono apparentemente fighe, giovanili, con persone che hanno così tanta “passione” da lavorare anche per 12 ore di fila (la me stessa micro influencer le conosce bene) e per questo con un alto turnover.
Ma non è così: il sessismo è ovunque, anche nei corridoi di un municipio in Sicilia, per esempio.
Perché le aziende devono essere formate su come si comunica internamente.
La me stessa di tanti anni fa ricorda ancora un colloquio con un assessore di un comune che seguivo come giornalista: mentre mi parlava, non mi guardava in faccia ma solo le tette. Ai tempi mi vergognai tantissimo, quando avrebbe dovuto farlo lui: un uomo più grande di me di 15 anni che anziché sbirciare senza farsi vedere e giusto qualche attimo (che ovviamente succede e ci può stare) finì con l’essere ossessivo, “maniaco”.
Da lì decisi di non vestirmi più scollata nelle occasioni di lavoro, solo da qualche anno ho cambiato idea. Perché? Perché il non potermi vestire come voglio vuol dire cedere un pezzo della mia libertà.
E no, non va bene il sentirsi dire “Dai non te la prendere” “Ma in fondo se ti guarda così vuol dire che hai qualcosa da mostrare”, come mi disse allora qualche amico.
Le parole costruiscono mondi. E come ha detto Valentina Di Michele, anima del Festival DiParola dedicato al linguaggio chiaro, semplice e accessibile, il linguaggio crea delle storie, serve a connettere punti.
E se non scegliamo le parole giuste, se usiamo le più becere - cosa molto diversa dal fare un complimento, perché non è vero che “non ve ne possiamo fare più” (come molti dicono) - stiamo contribuendo a costruire un mondo del lavoro che fa a cazzotti (e questa è una parola voluta) con il benessere personale, il worklife balance, l’attenzione alla salute mentale.
Tra le varie missioni che le aziende dovrebbero sposare, secondo me, c’è anche questa: avere le antenne continuamente drizzate per cogliere le sfumature di un modo di comunicare e di agire che incide sulla cultura aziendale. Cose che spesso si sanno, ma si lasciano sullo sfondo, puntando magari sul favorire la collaborazione tra le persone per lavorare a un progetto.
Ma il lavoro non è mai solo lavoro, è anche e soprattutto relazione. Che deve essere il meno inquinata possibile.