Il Decreto Interministeriale del 29 marzo 2022, in attuazione dell’articolo 46 del Codice delle pari opportunità (D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198), definisce le modalità per la redazione del rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile al 31/12/2021 da parte delle aziende pubbliche e private.
Tale obbligo sulle pari opportunità in azienda, la cui scadenza è stata fissata per lo scorso 14 ottobre 2022, ha riguardato solamente quelle realtà che alla data del 31/12/2021 avevano in forza più di 50 dipendenti: solo queste ultime sono state infatti obbligate ad inviare il rapporto biennale 2020-2021.
Le organizzazioni di minor dimensioni, fino ai 50 dipendenti, hanno invece potuto scegliere su base volontaria se procedere o meno all’invio del prospetto.
Il modello, da inviare esclusivamente in modalità telematica attraverso l’apposito portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si propone come tassello centrale di un disegno legislativo finalizzato a disincentivare il gender-gap, riequilibrando il peso occupazionale di entrambi i sessi, in termini di mansioni, retribuzioni, carriere lavorative e tutela della genitorialità, resta un obiettivo ambizioso, ma imprescindibile.
Tuttavia, sin dalle prime fasi le difficoltà non sono mancate. Il termine ultimo per l’invio della documentazione, inizialmente previsto per il 30 settembre 2022, è stato infatti prorogato al 14 ottobre 2022 a seguito di segnalazioni riguardanti disfunzioni nella procedura online di compilazione del Rapporto (rallentamenti del sistema informatico generati dalla grande mole di dati provenienti dalle aziende negli ultimi giorni utili).
Un simile obiettivo, imprescindibile nell’odierno mondo del lavoro, appare tuttavia ambizioso e la strada per raggiungerlo appare irta e impervia, inutile negarlo. Inevitabile quindi procedere un passo alla volta, a partire dal necessario monitoraggio dell’attuale situazione occupazionale nelle aziende italiane.
Per questo il legislatore ha reso tale adempimento obbligatorio (e di conseguenza sanzionabile), almeno per le aziende di grandi dimensioni. Le aziende che verranno valutate positivamente nella aree tematiche (come cultura e strategia, governance, processi HR, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro, ecc.) avranno dei privilegi ai fini della partecipazione a una gara pubblica, potranno godere di un punteggio premiale e saranno incluse nell’apposito elenco delle imprese “virtuose”, che sarà pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Le sanzioni per il mancato invio del prospetto
In caso di mancata trasmissione del rapporto entro i termini previsti, le aziende sono invitate dalla Direzione Regionale del Lavoro a provvedere entro i successivi 60 giorni. Qualora tale termine non venga ulteriormente rispettato, viene applicata una sanzione amministrativa da euro 103,00 fino a euro 516,00.
In aggiunta, qualora l'inadempimento all'obbligo venga protratto per oltre 12 mesi sarà disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi goduti dall'azienda.
Infine, qualora vengano trasmessi all’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) rapporti non veritieri, mendaci o incompleti, quest’ultimo procederà con l’applicazione delle sanzioni previste, ovvero da euro 1.000,00 ad euro 5.000,00.
Non dobbiamo inoltre dimenticare che il rapporto biennale ha assunto ulteriore rilevanza nell'ambito degli obiettivi strategici definiti dallo stesso PNRR: esso rappresenta il primo step per qualsiasi azienda che intenda intraprendere il percorso finalizzato all'ottenimento della certificazione della parità di genere, ex l'art. 46-bis del D.lgs 198/2006.
Alle aziende si impone insomma oggi un nuovo adempimento, forse maldigerito da alcuni, ma prezioso e frutto di uno sguardo convintamente rivolto all’orizzonte, ad un futuro in cui la parità di genere non rappresenta solo un auspicio, un ideale teorico, bensì un principio rispettato e ovunque applicato. Nella speranza che in un futuro non troppo lontano la stessa “certificazione della parità di genere” non risulti superflua e non più necessaria.