È necessario dormire 8 ore per essere davvero produttivi o a volte possono bastarne anche meno? E perché è necessario dormire la notte ed evitare sonnellini pomeridiani che durano ore?
Sul sonno si sente dire di tutto, eppure, nonostante una sempre più diffusa consapevolezza sull’importanza di questa attività ristoratrice, in Italia a soffrire di disturbi legati a esso sono oltre 13 milioni di persone. A dirlo le ultime rilevazioni di AIMS, Associazione Italiana medicina del sonno, che evidenzia come il 46% di queste persone non faccia nulla per risolvere il problema. 1 adulto su 4 peraltro soffre di insonnia cronica o transitoria.
Dormire bene per vivere e lavorare meglio.
Per capirne di più e avere dei suggerimenti preziosi ne parliamo con la professoressa Carolina Lombardi, direttrice del Centro Medicina del Sonno dell’Istituto Auxologico Lombardia e professoressa associata dell’università di Milano Bicocca.
Oggi quanto è importante dormire bene per poter lavorare e vivere al meglio? Sono davvero così necessarie le 8 ore?
Questa è una domanda che viene sempre posta a chi si occupa di sonno e io rispondo che indubbiamente il sonno è un bisogno primario. Anche perché l’assenza di sonno è incompatibile con la vita. Basti pensare al fatto che tutti gli esseri viventi, seppur con caratteristiche diverse tra di loro, dormono. Inoltre, il sonno è stato inserito tra gli 8 pilastri per la prevenzione cardiovascolare dall’American Heart Association.
Quando andiamo a dormire tutti i nostri organi lo fanno e hanno bisogno del sonno per mantenere le loro funzioni. Vale per il cervello, per l’attività cardiovascolare, la regolazione del sistema immunitario: tutto l’organismo, durante il sonno, cambia stato.
C’è poi da dire che il bisogno di sonno è individuale, sebbene ci siano dei modulatori, tra cui il più importante è l’età che porta a un bisogno più elevato nel neonato che si riduce man mano che si invecchia. Certo è che in condizioni estreme, come chi dorme 3 ore per notte e chi ne dorme 14, c’è da chiedersi cosa stia succedendo, al di là del fatto che comunque esistono dei brevi dormitori costituzionali - che hanno bisogno di poche ore - e dei lunghi dormitori costituzionali.
Se il bisogno di sonno è individuale, come ognuno di noi riesce a capire che sta dormendo abbastanza?
Al di là delle raccomandazioni degli esperti, quello che ci dà la misura del fatto stiamo dormendo in maniera adeguata è la sensazione di riposo e il funzionamento che abbiamo durante la giornata. E quando c’è una privazione di sonno, bisogna capire qual è il contesto che la determina: la riduzione della soddisfazione di aver riposato bene può essere legata a situazioni di stress, come prima di esami importanti. Inoltre, dopo che si è dormito male si può essere più irascibili, avere delle modificazioni della sensazione di fame e così via.
Il problema principale è quando la privazione di sonno si cronicizza: oltre a darci la sensazione di avere difficoltà di concentrazione, può avere conseguenze sul funzionamento del sistema nervoso centrale. Un sonno di scarsa qualità o quantità può favorire l’aumento di accumulo di sostanze tossiche che porta a patologie dello stesso e in parallelo a modificazioni metaboliche, aumenta il rischio di ipertensione, associato a un maggior rischio di diabete. Queste appena elencate sono le prime 3 patologie cardiometaboliche che possono avere un impatto sull’aspettativa di vita.
Lo smart working che porta alcune persone, specie quando si lavora da casa, a lavorare di più influisce sul sonno? E se sì, come?
Ovviamente l’effetto di qualsiasi tipo di cambiamento relativo ai nostri ritmi di vita ha un impatto a livello di sonno, ma dipende dal contesto. Ci possono essere delle persone che lavorano da casa e riescono a rispettare i bioritmi. Chi abita molto lontano dal luogo di lavoro potrebbe, per esempio, essere avvantaggiato dal fatto di non doversi spostare continuamente e così dormire di più. Pertanto, ci sono contesti in cui lo smart working può favorire i bioritmi personali. Certo, ci possono essere anche degli aspetti negativi: il non distinguere il luogo di lavoro da quello che non lo è porta sicuramente a fare confusione nella gestione dello stress, dell’attività fisica e così via.
Di per sé lo smart working non ha un effetto né lesivo né positivo. C’è comunque da dire che chi lavora molto, magari fino a tardi, e dorme durante il giorno, sottraendo il bisogno di sonno alla notte, altera il processo omeostatico. Dormire di giorno può essere dannoso e convince che non c’è bisogno di dormire la notte. E se l’orologio biologico si convince, il rischio è che si cronicizzi. Pertanto a chi ha difficoltà a dormire la sera, è necessario dare l’indicazione di non dormire durante il giorno. Se uno ne sente il bisogno, viene consigliato di fare sonnellini brevi, sotto la mezz'ora: se c’è, però, una situazione di difficoltà, è meglio “indagare” la notte.
Il sonno notturno è molto importante perché in quell’intervento orario tutto l’organismo è pronto per dormire.
Ci sono poi persone che invece di dormire preferiscono fare altro: a cosa è dovuto? E come questo modo di comportarsi può influire sul loro equilibrio psico-fisico?
Si tratta di soggetti che hanno un disturbo da posticipo di fase, tutti siamo gufi o allodole e questo è scritto nel nostro DNA: ci sono persone che vanno a letto alle 4 e si svegliano alle 14 e chi invece può andare a letto molto presto per svegliarsi nel cuore della notte. In effetti siamo di fronte a un’alterazione del sonno e, anche se queste persone dormono 10 ore di fila, vanno a impattare sugli orari socialmente condivisi. Siamo infatti di fronte a una persona che non è insonne, ma dorme in orari inappropriati e facendolo in un momento che è, come dire, sbagliato, questo può portarla a doversi alzare prima di quando sentirebbe di fare e pertanto a essere una privata di sonno.
Quanto essere iperattivi durante il giorno, con tante call, impegni, scadenze può influire sul sonno? E come evitarlo?
Dovremmo aiutare il nostro ritmo circadiano con tutto quello che di comportamentale possiamo fare. Come per esempio un’esposizione corretta alla luminosità ambientale che mima il nostro ritmo circadiano: come sappiamo, la melatonina viene inibita dall'esposizione della retina alla luce. Controllare lo smartphone fino a 10 secondi prima di addormentarci potrebbe influenzare la nostra decisione di dormire.
Ci sono poi degli aspetti emotivi: sarebbe importante fare delle cose che favoriscano il rilassamento e ci portino lontano dallo stress. Se ci mettiamo un’ora ad addormentarci, siamo di fronte a un intervallo lungo che ci deve far riflettere su quali siano le motivazioni.
Alla luce di questo, quando possiamo dire di essere di fronte a dei disturbi del sonno e come ovviare?
I disturbi possono essere tantissimi e con origini diverse. Diciamo che la suddivisione più banale prevede l’insonnia o l’ipersonnia (prolungamento del tempo di sonno) e poi ci sono le parasonnie, tra cui rientrano fenomeni bizzarri come il sonnambulismo che è un disturbo comportamentale del sonno REM. Ci sono ancora disturbi respiratori del sonno o la sindrome delle gambe senza riposo.
Se una persona si accorge che dorme poco o troppo o non è soddisfatto deve indagare sui motivi, evitando di dire “è solo un momento, passerà”: spesso si banalizza qualcosa che è molto importante. Inizialmente, ci si può rivolgere al medico di medicina generale che conosce il paziente ed eventuali elementi esterni al sonno. Qualora ci si sia resi conto che non ci sono cause di altra natura - come altre patologie o farmaci - è importante rivolgersi a centri specializzati.
Non dimentichiamo poi che tutto quello che è il nostro stile di vita attuale, dettato dall’iperattività e legato a un certo tipo di alimentazione, va contro il sonno. Anche se possiamo dire che c’è una maggiore cultura e maggiore consapevolezza rispetto al passato.