Proprio così, ci stiamo focalizzando su come “trasformare” le nostre imprese, indecisi su mezzi digitali e modalità ibride, ma concretamente è altro quello di cui abbiamo bisogno oggi.
Dal vertice delle nostre imprese cade dall’alto la presunzione di sapere cosa, nel concreto, possono desiderare le persone (perché di persone stiamo parlando, non macchine o numeri) mentre con “nonchalance” evitiamo di impegnarci sul concreto aspetto che apporterebbe valore non solo in azienda ma, soprattutto, nella vita delle persone. Parlo della FELICITÀ.
Ma ecco che nascono progetti di hybrid work, smart working, servizi sempre più articolati di welfare e tanto altro ancora, per dissuadere l’attenzione verso la concreta esigenza e responsabilità di creare progetti e ambienti in cui prolifera la felicità. Un pò come "la mossa Kansas City" nel film "Slevin - patto criminale", con il grande Bruce Willis (QUI l’estratto del del film).
Eppure da tempo emergono studi che confermano quanto la felicità possa incidere nella produttività e longevità di un’azienda. Una tra queste emerge lo studio realizzato qualche anno fa da Harvard business review a dimostrare che un team felice e coinvolto permette di aumentare in media del 37% le vendite, del 31% la produttività e del 40% la retention del personale.
“Ma com’è possibile?”
Molto semplice: analisi neuroscientifiche dimostrano che la felicità sviluppa ormoni positivi, come la dopamina o la serotonina. Una persona felice risulta più produttiva agendo positivamente a più livelli: la concentrazione, le relazione interne, l'interazione con i clienti, la gestione dei conflitti e problem solving. Inoltre lo sviluppo degli ormoni positivi fanno sì che la persona si ammali meno, al contrario degli ormoni negativi che appesantiscono il sistema immunitario.
Insomma, inutile continuare a scindere vita privata e lavoro, considerando che non ci sia contaminazione tra loro, perché equivale mentire a noi stessi. Di questo siamo consapevoli?
Uno dei motivi per cui si sta accendendo l’attenzione sul tema della felicità al lavoro è anche dovuto all’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sull’enorme numero delle persone in burnout, ovvero quelle che attraversano un esaurimento al lavoro. Secondo una ricerca di Gallup, è una condizione che ben il 28% della popolazione ne soffre e di conseguenza il malessere delle persone si traduce anche in una perdita di redditività per le aziende.
Sempre Gallup ne ha analizzato le conseguenze economiche: si tratta di un totale di 322 miliardi di dollari di fatturato persi a livello globale, 20 milioni di dollari che vanno in fumo per business mancati ogni 10mila lavoratori in difficoltà. Incredibile, vero!?
Purtroppo però e sempre troppo complicato agire nel rendere felici il prossimo quando in primis non siamo felici noi.
“Quindi come possiamo rendere felice il prossimo?”
A questa domanda vorrei rispondere raccontandoti una delle ultime esperienze vissute.
Recentemente ho conosciuto un gruppo di ragazzi e ragazze motociclisti. Un vero è proprio Gruppo di Bikers con uno scopo etico che va oltre al solo motociclismo: aiutare i bambini vittime di abusi e maltrattamenti.
Il loro nome è B.A.C.A., acronimo di Bikers Against Child Abuse, una realtà nota a livello internazionale: una vera e propria Onlus fatta di volontariato.
Qui un breve video molto toccante che racconta la loro storia e “purpose”: VIDEO (da piangere).
Recentemente sono stato invitato da un membro a partecipare a una dello loro iniziative, una feste dedicata a tutti i bambini vittime di abusi che i B.A.C.A. hanno seguito. Dieci Bikers e un numero altissimo di bambini, circa una trentina. Una bellissima festa organizzata da tutto il Team B.A.C.A. per rivedere quei sorrisi che hanno saputo prepotentemente smuovere la loro emotività.
È stato veramente strano conoscerli. Uno si crea aspettative sbagliate, del Biker tutto tatuato con teschi e fiamme, enormi uomini in abiti neri che alla presenza incutono paura, ma poi conoscendoli scopri che sono persone particolarmente sensibili agli abusi in generale e in particolare verso i bambini. Uomini e donne sì tatuate ma non con teschi e fiamme, bensì con bambini e i nomi dei propri figli. Ho avuto modo di conoscere altri gruppi di Bikes e posso assolutamente affermare che i B.A.C.A. sono senza dubbio positivamente diversi.
Partecipando come spettatore alla festa resto affasciato nel vedere tutti quei bambini felici. Ovunque mi giravo trovavo sorrisi veri e sinceri, dai bambini e dai Bikers.
Probabilmente stai pensando “vabbè, non c’è niente di così straordinario nel vedere bambini che giocano felici. Basta andare in una qualsiasi scuola per vederli.” Vero, non c’è dubbio, ma qui stiamo parlando di bambini che hanno subito dei forti traumi; bambini spesso allontanati dai genitori, vivendo sballottati in strutture per minori.
Credimi, vedere bambini che hanno subito violenze, sviluppando di conseguenza un disagio al contatto fisico, correre incontro al Biker per abbracciarlo saltandogli addosso scioglierebbe chiunque, anche l’uomo più cinico e burbero che ci sia. Ti confido che ho dovuto lottare per trattenere le lacrime.
Per tutti i bambini i B.A.C.A. sono dei supereroi, e per certi aspetti è vero, ma concretamente sono persone molto semplici: operai e impiegati che hanno fatto voto impegnandosi verso la tutela dei minori. Andando a fondo mi sono domandato che tipo di personalità ha un B.A.C.A. per riuscire a indurre felicità e sicurezza in giovani con traumi? Tornando alla frase precedente - difficile rendere felici il prossimo se noi in primis non lo siamo - ho scoperto che sono persone fondamentalmente “felici”, oltre a essere qualificati e preparati (giustamente lavorando con minori è importante che siano formati e competenti). Quindi per loro non è stato SOLO una responsabilità essere un B.A.C.A. ma, soprattutto, un impegno nel formarsi come operatori specializzati.
Rapportato alla vita aziendale quello che è successo in quella festa ha una logica ben chiara: la felicità genera felicità. Un luogo contaminato da un numero considerevole di persone felici trasforma un ambiente fisico, come l’azienda, un luogo in cui prolifera di persone positive e felicemente influenzate.
“Come si diventa un B.A.C.A.?”
Si diventa un B.A.C.A., quindi una persona capace di essere e rendere felice il prossimo, in modo molto semplice: "B.A.C.A. chiama B.A.C.A."
Sempre seguendo il concetto della contaminazione un possibile nuovo membro in B.A.C.A. si aggrega perché stimolato sensibilmente dal “purpose” e dalla loro capacità di coinvolgimento. Pensa, durante la festa, per quanto sia di mia natura una persona disinibita all’interazione, stavo lì come uno spettatore per paura di alterare quel clima perfetto. Loro, sempre con tanti sorrisi, senza essere troppo invadenti, mentre giocavano con i bambini in giochi di gruppo, mi hanno coinvolto facendomi giocare con uno dei bambini.
Questo breve racconto di esperienza vissuta vuole umilmente condividere un pensiero su come sia possibile creare ambienti felici e di quanto concretamente ne abbiamo bisogno. Creare progetti orientati alla diffusione di felicità, in questi anni frustranti per tutti, è diventato molto importante se non una priorità! I risultati delle ricerche fatte dalle più grandi Università sono solo una conferma, ma per capirlo basta osservare attorno per renderti conto di quanto siamo infelici. Addirittura c’è chi è infelice e neanche lo sa. Frullati ogni giorno dentro la lavatrice di una società consumistica e influenzata verso stati sociali imponendoci standard sempre più alti, storditi dai social e da “quello che vorrei ma non posso”, abbiamo difficoltà nel capire bene ancora COSA ci rende felice.
"Un consiglio?"
Non c’è una concreta formula per essere felici e tantomeno posso improvvisarmi “specialista nella felicità” ma quello che mi sento di consigliarti sono tre semplici azioni che puoi già compiere da oggi:
1. Circondati il più possibile di persone felici (seguendo il concetto di contaminazione).
2. Delimita il confine tra le cose che desideri e quelle che ti rendono felice.
3. Inizia dalle piccole e semplici cose che ti rendono felice.