Termini come Gender Gap, Culture, Gender e Age Diversity rientrano tutti nel Diversity Management, il motivo per cui aziende ed imprese tendono ad avere il cosiddetto “pluralismo del capitale umano”. E se questa definizione ci pare un po’ marxista, possiamo riassumere il Diversity Management come l’insieme di pratiche e di strategie volte alla promozione e alla valorizzazione della pluralità all’interno di un ambiente lavorativo, oltre che all’abbattimento di ogni barriera di genere, religione, etnia ed orientamento sessuale.
Il Diversity Management in Italia e i suoi vantaggi.
Dai dati ISTAT del 2019 viene riportato che in Italia oltre un quinto delle imprese (il 20,7%, pari a oltre 5.700 unità) abbia adottato almeno una misura non obbligatoria per legge con l’obiettivo di gestire e valorizzare le diversità tra i lavoratori legate a genere, età, cittadinanza, nazionalità e/o etnia, convinzioni religiose o disabilità (Prospetto 1). L’applicazione di tali misure coinvolge il 34% delle imprese di grandi dimensioni (con almeno 500 dipendenti), a fronte del 19,8% delle imprese più piccole (50-499 dipendenti). E se appunto questa legge non è obbligatoria, perché le aziende hanno la tendenza ad adottare il sistema della valorizzazione della diversità?
Se fino a qualche anno fa nelle aziende si tendeva a ricercare un lavoratore modello, nell’ultimo periodo questa ricerca è stata del tutto annullata dall’approccio opposto: creare un team aziendale diverso, variegato, con divergenze che possano essere apprezzate e stimolate.
Questo perché i vantaggi del Diversity Management, in effetti, sono molti e sono documentati da un numero di report che vengono pubblicati annualmente.
Si è quindi riscontrato che optare per un approccio manageriale basato sulla diversità porta maggiori profitti che vanno anche oltre la media dato che i lavoratori si sentono più apprezzati in un contesto in cui le proprie diversità vengono valorizzate, nonché anche un’immagine aziendale, il cosiddetto employer branding, basata sull’integrazione e rispetto delle diversità che sono delle peculiarità oggi ricercate dai clienti.
Ma il meccanismo di “pluralità” all’interno dell’azienda non è meramente un’azione di marketing per attrarre persone, riguardano invece azioni che producono concreti risvolti economici atti ad aumentare la competività aziendale perché, secondo il Diversity Matters (report di ricerca del 2015) diminuiscono i costi dovuti all’assenteismo e di ricerca di nuovo personale, aumentano l’impegno individuale delle persone generando, infine, maggiore propensione all’innovazione.
Ma cosa si intende per questa "pluralità"?
Le categorie di approccio del Diversity Management.
Per diversità aziendale si intende un approccio aziendale basato sulla diversificazione dei dipendenti in base a delle categorie:
Cultural Diversity: è il concetto che comprende la diversità culturale e per cui si tende a valorizzare le culture di appartenenza del lavoratore in base alle abitudini. Sono ancora poche le aziende che si occupano di employment basato su alla diversità etnica ma è comunque dimostrato che queste aziende hanno un profitto superiore oltre la media.
Gender Diversity: un tema molto dibattuto affine al Gender Gap e per cui le aziende stanno cercando di promuovere politiche sulla diversità basata sull’orientamento sessuale e identità di genere anche in termini retributivi. Sono molte le iniziative portate avanti dalle aziende a questo scopo, come: programmi specifici per il rientro al lavoro per le madri, sale per allattare a disposizione per le proprie dipendenti, nido, congedi parentali.
Age Diversity: prende in considerazione l’età anagrafica per adottare una sorta di equilibrio generazionale con persone più anziane che abbiano più esperienza e persone più giovani che sono maggiormente creativi e intraprendenti.
Disability Diversity: riguarda le persone con disabilità e ha a che fare con progetti volti a favorire la carriera di persone con disabilità benché anche questi possono contribuire efficacemente alla crescita dell’azienda.
Le strategie per gestire un capitale umano plurale.
Ci sono diverse azioni strategiche per rendere la gestione dei dipendenti in modo efficace tra cui ascolto dei bisogni delle persone con accompagnamento dell’evoluzione delle competenze che significherebbe portare il team a condividere linguaggi, abitudini diverse volti all’integrazione collettiva ed anche ad una leadership inclusiva basata sempre sull’ascolto, comprensione e considerazione.
Di questa metodologia se ne parlava già negli anni ’90 nel libro “L’impresa in ascolto” di Michel Cozier, eppure, oggi, parlare di diversità management in azienda non è mai stata così attuale.