Quanto conta la felicità? E soprattutto quanto conta e “costa” l’infelicità? Quando si parla di vita in generale, tutti sono propensi a rispondere a entrambe le domande dicendo “Tantissimo”.
Ma questa consapevolezza manca, o meglio latita, quando si parla di lavoro. Sui lavoratori disimpegnati e infelici le aziende, infatti, si concentrano poco, a meno che non si trovino ad avere a che fare con fenomeni con le Grandi Dimissioni o il Quiet Quitting.
Eppure secondo i dati sull’employee engagement dello State of Global Workplace Report 2023 di Gallup, l’infelicità dei lavoratori e il loro scarso coinvolgimento è un problema non da poco, pensate: “costa” all’economia globale ben 8,8 trilioni di dollari.
Rappresenta infatti il 9% del PIL globale e, come si può intuire, può influire molto sul fatto che la società in cui viviamo migliori o presenti segni di cedimento. Ma non solo: personale insoddisfatto e infelice portano a perdita di clienti e profitti. Inoltre, chi non è appagato sul lavoro tende a trasmettere quelle emozioni negative anche in famiglia e, secondo la ricerca di Gallup, stare in un ambiente di lavoro che si disprezza, può essere peggio dell’essere disoccupati.
Ma cosa possono fare le aziende per coinvolgere sempre più i collaboratori, per favorire cioè quello che viene definito employee engagement e rendere le persone felici di andare al lavoro?
Ecco 3 suggerimenti.
Favorire le flessibilità al lavoro
A causa o grazie alla pandemia, l’Italia ha (ri)scoperto lo smart working e la possibilità, specie per i lavori di ufficio, di poter lavorare da qualunque luogo purché si raggiungano gli obiettivi previsti.
Si è anche “scoperto” che alcune riunioni si possono fare online anziché macinare chilometri per vedersi giusto un’ora e che lavorare con team da remoto è possibile purché si creino le condizioni per farlo. Tutto questo ha portato a una nuova consapevolezza in merito al fatto che il lavoro possa essere gestito, compatibilmente con le esigenze altrui e quelle delle aziende, in maniera flessibile.
Purtroppo, alcune aziende in merito a questo tema hanno fatto “marcia” indietro, tornando a chiedere ai collaboratori degli orari di inizio e di chiusura della giornata lavorativa piuttosto rigidi, la presenza massiccia in sede e così via, tutte iniziative che non vanno sicuramente nella direzione della flessibilità al lavoro.
Eppure, come evidenzia anche la ricerca di Gallup, favorirla è fondamentale per rendere il personale più felice. Perché? Perché ciò li aiuta a sentirsi più liberi e padroni del loro tempo.
Quali iniziative quindi si possono mettere in campo? Per esempio pensare a degli orari di entrata e di uscita flessibili. Avere la possibilità di arrivare in azienda in un orario che va dalle 9 alle 10, per esempio, può voler dire riconoscere le esigenze di chi è genitore e magari ha bisogno del tempo in più al mattino per riuscire a portare i figli a scuola. Così come di persone che, indipendentemente dall’avere famiglia o meno, rientrano nel cronotipo del gufo pertanto ci mettono un po’ più degli altri "a carburare".
Sempre sulla stessa lunghezza d’onda, si può pensare a orari di uscita flessibili così come a organizzare lo smart working e il lavoro in sede in base alle esigenze del singolo, compatibilmente con quelle aziendali. Anziché stabilire 3 giorni fissi in azienda e decidere a priori quali, i lavoratori si possono accordare con i loro responsabili e organizzare la settimana di volta in volta.
Puntare ad avere dei manager migliori
Nella ricerca di Gallup è emerso anche come tra i motivi di insoddisfazione delle persone ci sia il rapporto con i manager e il fatto di non riuscire ad avere con essi delle conversazioni “significative”. Conservazioni, cioè, che prevedano il riconoscimento del lavoro fatto, si basino sull’affrontare obiettivi e priorità in maniera collaborativa e, allo stesso tempo, in cui si possa ragionare su come valorizzare al meglio i punti di forza dei lavoratori.
Per le aziende puntare ad avere manager migliori, che non mirino solo a raggiungere i risultati, ma creino un rapporto aperto con le persone che gestiscono, è sicuramente un modo per aumentare l’employee engagement. Per questo è importante investire sulla formazione dei manager, sulla possibilità di “allenarli” grazie a sedute di coaching e, allo stesso tempo, di semplificare il loro lavoro evitando tutte quelle pratiche burocratiche che spesso li allontanano dal loro compito.
Puntare sui feedback continui e pludirezionali
Connesso a quanto detto sopra, è altrettanto importante lavorare sul continuous feedback, sia nei confronti di chi lavora in sede che da remoto.
Cosa si intende con queste due parole che potremmo tradurre con “riscontro continuo”? Un processo mediante il quale i dipendenti ricevono regolarmente e in maniera frequente commenti, valutazioni, suggerimenti e proposte in merito a come portano avanti il loro lavoro. Anziché aspettare le classiche valutazioni periodiche, ogni 3 mesi oppure ogni 6 mesi per esempio, si può lavorare su riscontri che sono continui e che possono essere dati a voce o possono essere restituiti via e-mail, sulle chat di Teams o tramite altri canali ed essere quindi anche circoscritti alle singole attività.
Lato personale, infatti, ricevere dei feedback continui comporta diversi vantaggi come l’avere un dialogo più aperto e sincero, capire quali sono le aspettative dei manager e avere una maggiore chiarezza dei compiti e delle mansioni. Inoltre, dà loro la possibilità di capire come possono migliorare e raggiungere magari quell’obiettivo di carriera che sognano da quando sono entrati in azienda.
Il feedback continuo non deve, poi, essere unidirezionale: anche i lavoratori devono poter dire la loro. Avere cioè la possibilità di valutare, anche in modo anonimo, i propri manager rispetto alle opportunità di crescita che danno ai membri del team, all’attenzione alle relazioni e alla possibilità di organizzare il lavoro in maniera flessibile può essere un modo per favorire il confronto. Il fatto di sentirsi chiamati in causa, e soprattutto di sentirsi ascoltati, aumenta indubbiamente l’engagement delle persone.
Se tutto ciò avviene in una maniera propositiva e collaborativa, le persone si sentono di certo più partecipi, più ingaggiate e pertanto più felici. In fondo, sanno che possono contribuire in maniera attiva a rendere il luogo di lavoro un posto che possa essere il più in linea possibile con le loro aspettative.