Capita spesso, tra colleghi e amici, che parlando di lavoro ci si chieda: “E tu quando sei al massimo della tua produttività?”. Le risposte, in un mondo che per fortuna ha ormai “sdoganato” lo smart working, sono le più svariate. C’è chi rende solo se inizia al mattino presto quando ancora tutti dormono, chi ha bisogno di almeno 2-3 ore per carburare e chi inizia a lavorare bene quando per molti è l’orario dell’aperitivo o della palestra, ossia dalle 18-19 in poi. Chi, poi, è di notte che si sente al massimo della creatività.
E già, checché ne pensiamo, siamo tutti diversi e forse la giornata lavorativa classica di 8 ore, che inizia alle 9 per concludersi alle 18 (se va bene), non è più la soluzione ideale. Anzi, è sempre più necessario che chi gestisce le persone - manager o HR - non si limiti a conoscere hard e soft skill dei propri collaboratori, ma anche a quale cronotipo appartengono, e qual è il momento in cui si sentono più a loro agio con quanto hanno da fare. Vediamo di capirne di più partendo dai numeri che ci aiutano a fotografare meglio l’attitudine e la produttività delle persone.
Il massimo della produttività? Per molti è al mattino.
“Quando sei al massimo della tua produttività?” è stata la domanda al centro di un sondaggio realizzato dal nostro magazine insieme a Millionaire su LinkedIn. A rispondere sono state 4.162 persone in poco meno di una settimana, un numero interessante che ci permette di fare una fotografia delle preferenze di lavoratori e lavoratrici, sia dipendenti che liberi professionisti.
Il mattino è il re incontrastato della giornata: per il 59,6% delle persone che hanno partecipato al sondaggio è il momento migliore per mettersi a lavorare. Seguito dal pomeriggio, 12,3% che, però, si distanzia poco dalla sera, preferita dall’11,6% dei rispondenti. C’è poi un 15,6% delle persone che non ha un momento preciso. E questo probabilmente perché dipende dal tipo di giornata che affronta o perché, abituato a lavorare con orari di ufficio e con compiti da portare avanti l’uno dietro l’altro, non si rende davvero conto di quando è al massimo della produttività o, invece, è particolarmente flessibile.
Eppure, quello del “momento giusto” è un aspetto tutt’altro che banale. E ognuno di noi dovrebbe sapere a quale cronotipo appartiene. Dalla risposta che ci si dà, infatti, potrebbe dipendere la propria carriera, indipendentemente dal fatto che sia orizzontale o verticale. E per chi coordina dei team o è responsabile di progetti o intere aree di business, quello del cronotipo è qualcosa da non sottovalutare se si vuole che le persone rendano davvero al meglio e siano pienamente soddisfatte.
Cosa si intende per cronotipo?
Come dice la parola “crono” che significa tempo, il cronotipo è una caratteristica che indica l’essere attivi e produttivi in un momento preciso della giornata. Sebbene tutta la società si sia data degli orari e ci sono delle abitudini che si portano avanti per esempio solo la sera - come andare al cinema, incontrarsi con gli amici ecc… - ci sono persone che si trovano più a loro agio in certi momenti anziché altri.
Esistono quindi differenti cronotipi in base alla variazione normale del ciclo sonno-veglia, per i quali più che influire la durata e quante ore fanno, conta di più la qualità del sonno. Vediamo quali sono.
Gufo, allodola e colibrì: caratteristiche e differenze.
Gufo: come molti sapranno, si indica con questo termine le persone particolarmente attive la sera, che preferiscono andare a letto tardi e non riescono mai ad alzarsi presto o, che quando lo fanno, si forzano molto. Queste persone sono particolarmente produttive nel tardo pomeriggio-sera e fino alle 2-3 di notte.
Allodola: sono i cosiddetti mattinieri che si alzano presto e che, se “perdono” la mattina, difficilmente riescono a lavorare al massimo durante il resto della giornata. I momenti migliori per lavorare per le allodole sono infatti al mattino e, al massimo, nel primo pomeriggio. Faticano nelle altre fasce della giornata.
Colibrì: è il cronotipo intermedio e più flessibile. Si pone infatti in mezzo all’allodola e al gufo pertanto riesce ad adattarsi più facilmente ai vari stili di vita e a rispondere al meglio alle richieste sociali.
Conoscere i cronotipi è fondamentale per chi gestisce le persone.
Essere consapevoli di questi aspetti e soprattutto esserlo quando si gestiscono le persone è fondamentale, tant’è che in molti paesi europei, specie del Nord, quando si organizzano dei turni di lavoro si somministra al personale un test per capire qual è il cronotipo di appartenenza.
Affidare un turno serale a una persona che è un’allodola potrebbe essere molto rischioso: potrebbe addormentarsi mentre deve interagire con altri o, ancor peggio, quando deve occuparsi della sicurezza. Così come potrebbe compiere degli errori imperdonabili. Lo stesso dicasi per chi è un gufo: costringerlo ad alzarsi presto potrebbe essere davvero controproducente. Ma non è una questione solo di lavoro su turni: un manager che crea un team non tenendo conto del fatto che le persone possano avere momenti di produttività diversi rischia di fare un buco nell’acqua.
Lo stesso dicasi quando si chiede a delle persone di essere costantemente impegnate in call al mattino, quando invece potrebbero rendere di più facendo altro, vuol dire non assecondare i bisogni delle persone né tantomeno tenerle in considerazione.
Anche i lavoratori devono conoscere il proprio cronotipo.
Dal canto loro, sarebbe bene che i lavoratori capissero bene quali sono i momenti più produttivi e potessero discutere con il proprio o la propria responsabile un’organizzazione del lavoro che, al netto di riunioni e lavoro in team, possa tenerne conto. Assecondare il modo di essere, venire incontro alle esigenze, capire chi si ha di fronte è fondamentale per ogni capo. E vale sia quando si lavora in smart working che in ufficio.
In tempi di diversity e inclusion, accogliere la diversità naturale e tenere conto della cronobiologia è sempre più importante. Per i lavoratori, indubbiamente, ma anche per le aziende stesse. Senza dimenticare, poi, che aiutare le persone a esprimersi al meglio può contribuire ad allontanare lo spauracchio delle Grandi Dimissioni.