È stata protagonista dei media italiani a inizio anno perché ha disegnato la prima copertina del 2024 del New Yorker che rappresenta una situazione in cui molti freelance si ritrovano spesso: lavorare durante le feste per onorare una scadenza. Il titolo evocativo è infatti “Deadline” (per chi non avesse visto la cover, la trovate sul sito della rivista).
Ma Bianca Bagnarelli, classe 1988, è un’illustratrice che di storia alle spalle non ne ha di certo poca. E così, mentre - forse - la copertina di inizio anno è archiviata, noi di Smart Working Magazine l’abbiamo raggiunta per confrontarci con lei su vari temi. Il suo lavoro, senz’ombra di dubbio, ma anche il work-life balance, l’attenzione delle aziende verso le illustrazioni, il suo progetto editoriale.
Ecco cosa ci ha raccontato.
La prima domanda non può che riguardare la copertina del New Yorker: come sei arrivata a lavorare per loro? Ho letto che spesso per chi fa il tuo lavoro la pubblicazione non è immediata. Ci racconteresti come si fa a disegnare la cover del New Yorker e, in generale, come si svolge il tuo lavoro?
Ho iniziato a lavorare come illustratrice nel 2013, per il New York Times. La mia prima commissione è stata una piccola illustrazione per la sezione delle lettere, in cui giornalisti ed editors rispondono alle domande dei lettori. È spesso la prima commissione che un illustratore riceve perché sono immagini piccole, semplici e in bianco e nero.
Da lì ho continuato a lavorare per il giornale, facendo man mano illustrazioni più complesse e a colori e lavorando per altre testate giornalistiche. Nel 2016 ho disegnato la mia prima illustrazione per il New Yorker. Parto sempre dal testo, che sia un articolo, un racconto breve o altro, leggendolo si trovano immagini e metafore da cui poi si parte e si elaborano gli schizzi, solitamente almeno tre, dai quali, se tutto va bene, viene selezionato quello che poi diventerà definitivo.
Per la copertina del New Yorker il processo è un po’ diverso: si parte da una lista di temi e si elabora liberamente. So che possono passare anche anni tra la proposta di uno schizzo e la realizzazione della copertina, ma nel mio caso è stato tutto abbastanza veloce: la richiesta è arrivata a fine ottobre.
Nella copertina che hai realizzato, secondo te, si identificano solo i liberi professionisti o anche i dipendenti che spesso, abbandonato l’ufficio, si ritrovano a lavorare da casa e a rispondere al telefono a tutte le ore?
L’illustrazione viene da uno spunto assolutamente autobiografico, spesso gli anni passati mi è capitato di lavorare durante le feste, e la sensazione che provo è di stare sfruttando delle sacche di tempo in cui il mondo si ferma e io invece mi porto avanti, faccio più cose possibili. Come se stessi fregando il sistema.
Poi però ti ricordi che ti stai perdendo una festa, e viene un po' di malinconia. Sicuramente quindi, partendo dalla mia esperienza, l’immagine magari parla di più a chi è libero professionista. Credo, però, sia evidente che dalla pandemia il mondo del lavoro sia cambiato molto e tantissime persone si sono trovate a veder sconfinare il lavoro negli spazi domestici.
Lavori non solo per giornali e libri, ma anche per aziende (tra i tuo clienti c’è anche Apple), ci diresti quando un'impresa si rivolge a un'illustratrice e per quali motivi? Qual è il valore aggiunto di un’illustrazione per l'azienda?
Credo che il valore aggiunto per le aziende sia poter usare l’immaginario specifico dell’autore a cui commissiona il lavoro, la sua poetica e le sue idee. A questo credo sia molto giusto corrispondere un compenso adeguato. Il lavoro con le aziende è chiaramente molto diverso da quello editoriale, anche solo per la quantità di passaggi e figure con cui ci si interfaccia durante la realizzazione delle immagini.
Tu sei anche imprenditrice, fondatrice di Delebile, quindi "stai anche dall'altra parte": svestendo i tuoi panni di freelance e guardando alla te stessa che è un'editrice indipendente, quali sono le difficoltà del fare impresa e dell'essere indipendenti?
Non credo si possa definire Delebile un’impresa, era un piccolissimo progetto di autoproduzione che non ha mai avuto tra i suoi obiettivi quello di essere profittevole. È stata sicuramente un’esperienza utile per capire come funziona il mondo dell’editoria, cosa c’è dietro la produzione e la stampa di un libro, quali sono i costi e le competenze necessarie. Il progetto si è concluso nel 2018 e confrontarsi con il lavoro di altri autori e capire insieme cosa funziona e cosa no in un fumetto mi manca molto.
A proposito di fumetto, secondo te, com'è riuscito a sopravvivere all'avvento del digitale, che ha invece avuto un impatto molto duro su altri settori dell'editoria?
Non sono un’esperta e onestamente non saprei rispondere. Forse i fumetti hanno una presenza fisica, legata al disegno, che si adatta peggio a essere apprezzata su un tablet.
Ora che si “sono spenti” i riflettori legati alla copertina del New Yorker, cosa fa Bianca? Inoltre, ti ha stupito tutta questa attenzione mediatica nei tuoi confronti?
Continuo a lavorare ad altre illustrazioni e a marzo uscirà The Summer We Crossed Europe In The Rain per Faber, di cui ho realizzato le illustrazioni a partire dai testi delle canzoni che, negli anni, lo scrittore Kazuo Ishiguro ha scritto per la musicista jazz Stacey Kent. Resto sempre sorpresa quando il mio lavoro riesce nell’intento, che è sempre quello di coinvolgere le persone che lo guardano.
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