Su Smart working magazine ospitiamo un contributo del Dott. Valentino Masucci, economista fiorentino con una passione per i dati, il giornalismo e le nuove forme di comunicazione audiovisiva.
Masucci ha realizzato un'intervista con Daniel Raventós, Professore di Economia all’Università di Barcellona e uno dei massimi studiosi sul tema del “Reddito di base”. Abbiamo ritenuto interessante proporla nel momento in cui Confindustria e alcuni politici a ruota si sono scagliati contro il Reddito di Cittadinanza - istituito nel 2018 e adesso oggetto di critiche - come se fosse questo l’ostacolo alla tanto sbandierata meritocrazia in Italia.
La sostituzione dell’uomo da parte delle macchine è ormai realtà, ed entro pochi decenni le professioni a più basso contenuto intellettuale saranno completamente svolte da robot. Nonostante la possibilità di “liberare” finalmente milioni di persone dal giogo di occupazioni alienanti (auspicabile sarà quindi un sistema scolastico in grado di preparare le nuove generazioni a questa libertà professionale, dove chiave saranno originalità e maggiore coscienza di sé), uno dei probabili effetti a medio termine di questo cambiamento tecnologico sembra essere un aumento del numero di disoccupati. Soprattutto tra i lavoratori meno qualificati. Conseguenze facilmente prevedibili, un ulteriore incremento delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito oltreché un aumento dell’instabilità sociale.
Assieme al professore di Economia dell’Università di Barcellona Daniel Raventòs, in questa intervista viene analizzata una possibile misura di politica economica che si prefigge come obiettivo quello di garantire a ciascun cittadino una maggiore indipendenza economica riducendo inoltre diseguaglianza e povertà: il reddito di base.
Professor Raventòs, cos’è il reddito di base?
Il reddito di base è molto semplice da definire: è un’assegnazione monetaria incondizionata, a tutta la popolazione. A ciascuno viene garantita cioè una certa somma di denaro annuale, indipendentemente dal fatto che lavori o meno. Inoltre, poiché incondizionata, anche i più ricchi ne hanno diritto: attenzione però, questo non vuol dire che ci guadagnino. Attraverso una tassazione più elevata infatti si avrà nuovamente un bilanciamento tra soldi che ricevono e pagano.
Ci spieghi qualcosa di più a proposito di questo studio per favore. Il reddito di base è economicamente implementabile?
L’idea che ha guidato il nostro studio è molto semplice. Come dovremmo riformare l’imposta sul reddito delle persone fisiche affinché tutta la popolazione adulta ottenga un reddito di base pari a 7.471 € annui, cioè la soglia di povertà in Spagna al 2010? Attraverso una simulazione abbiamo dimostrato come, senza neanche toccare un centesimo per istruzione pubblica e sanità sia possibile sostenere la spesa per un reddito di base.
A questo punto sono curioso di conoscere quali siano i principi che ispirano questa vostra proposta di politica economica…
Quello che guida il sottoscritto ed alcuni colleghi dell’Università di Barcellona è il concetto di libertà repubblicana che ha in Aristotele uno dei suoi precursori: una persona non può essere considerata libera se non ha un’esistenza materiale garantita. Cosa sono un ricco ed un povero per un repubblicano quindi? In economia chiamiamo povero una persona con un reddito al di sotto della soglia di povertà. Soglia di povertà che è a sua volta definita come un valore pari al 60% della mediana del PIL pro capite.
Per un repubblicano, un povero è invece colui che non possiede risorse a sufficienza e “affitta” sé stesso lavorando, senza avere altra scelta; questo individuo dipende quindi dagli altri per esistere socialmente. E i ricchi invece chi sono? Quelle persone che possiedono un’esistenza materiale garantita e che conseguentemente non necessitano di altri per esistere socialmente, cioè di norma i proprietari.
Anche Yanis Varoufakis ha espresso la necessità di un reddito di base per evitare in futuro una forte instabilità sociale. Cosa sta rendendo così impellente oggi la necessità di una tale misura economica?
Tra le prime motivazioni possiamo citare le politiche neoliberali e, più recentemente, di austerity che dagli anni ’70 in poi stanno drasticamente ridimensionando i nostri sistemi di welfare. Ci sono poi altri problemi che sono sorti recentemente e rendono il reddito di base ancor più urgente. Mi riferisco alla robotizzazione del lavoro. Secondo un famoso studio di Oxford infatti, entro pochi decenni circa il 47% delle professioni sarà svolto da robot.
A proposito di un’altra ricerca dai risultati impressionanti: ad alcuni studenti del primo anno di informatica è stato chiesto di valutare la qualità delle risposte ricevute da un gruppo di professori. Tra questi docenti c’era anche un robot e tutta la procedura si è svolta online per evitare che gli studenti lo scoprissero. Sai chi è stato il professore più votato? Proprio il robot. Il robot è stato in grado di svolgere un lavoro altamente qualificato come rispondere alle domande di alunni del primo anno di università; il 95% delle risposte era poi correttissimo. Gli ingegneri che lo hanno programmato dicono inoltre che questo robot sarà in grado di dare risposte anche agli studenti dell’ultimo anno. È sconvolgente.
Quindi il reddito di base potrebbe essere sia un modo per ridistribuire la ricchezza che per far fronte a questo futuro del lavoro incerto causato, tra le altre cose, dalle nuove tecnologie?
Esatto. Il reddito di base potrebbe rappresentare, ovviamente assieme ad altre riforme economiche, un freno a questa situazione. E ancora, come dicevamo prima, attraverso il reddito di base riusciremmo a far sì che tutta la popolazione goda di un’esistenza materiale garantita. Questa è politica economica. Non c’è alcuna misura di politica economica che giovi tutta la popolazione o danneggi tutta la popolazione. Il reddito di base sarebbe quindi una scommessa a favore della popolazione non ricca. E nonostante sia una scommessa non credo il risultato sarà poi così negativo; già abbiamo visto infatti dove ci hanno portato decisioni opposte. Per una volta almeno possiamo provare a cambiare direzione.
Foto cover: Daniel Raventós. La versione integrale dell’intervista a Raventós la potete leggere a questo link.