Fausto Sabbatelli, dopo un percorso di crescita nelle "telco", nel 2007 approda nelle Risorse Umane di WINDTRE dove supporta lo sviluppo dei progetti legati all’innovazione e trasformazione nei processi di gestione delle persone. Da sempre è impegnato a generare valore attraverso la cura meticolosa delle persone e la gestione di concrete iniziative di innovazione, ottimizzazione ed integrazione.
La conduzione di stream progettuali trasversali all’organizzazione, in contesti nazionali ed internazionali, lo ha portato a sviluppare una mentalità molto aperta, un solido background ed una profonda comprensione dei processi produttivi e delle dinamiche aziendali. È il fondatore del gruppo LinkedIn “Compagnia del Buonumore Aziendale” (di cui vi parleremo in un prossimo articolo) e lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo lavoro.
Ti descrivi come un grande appassionato di tematiche legate al concetto di benessere organizzativo, di cosa si tratta esattamente?
Nel mio piccolo, ho avuto il privilegio di assistere e contribuire ad una affascinante transizione: sono entrato giovanissimo nel mondo del lavoro perciò ho vissuto un po’ tutta la trasformazione dell’organizzazione del lavoro dagli anni ‘90 ad oggi.
Prima dell’entusiasmante avventura in WINDTRE ho avuto l’opportunità di collaborare con altre importanti realtà aziendali (Aet S.p.A. e Sirti S.p.A. - NdR) che hanno fatto la storia delle Telecomunicazioni in Italia. E guardandomi indietro ho pensato spesso: sono fortunato, mi diverto, contribuisco ai successi aziendali, ho avuto molte soddisfazioni personali ed ho coltivato delle bellissime relazioni di amicizia tra colleghi. Ma… Di preciso, cos’è che ha funzionato?
E quale è stata la risposta?!
Non ho dubbi: almeno nel mio caso, non è stata mai una questione esclusiva di atteggiamento/conoscenze/competenze personali, piuttosto della capacità - da parte di tutta l’organizzazione - di creare le condizioni giuste affinché mi potessi esprimere al meglio come persona e come professionista. Quando, cioè, ho potuto operare in un ecosistema di energie positive, in un ambiente supportivo, capace di favorire e potenziare l’efficacia delle mie azioni.
Come HR poi mi sono chiesto: può tutto questo esser lasciato ai buoni propositi di uno o più manager particolarmente illuminati? Certo che no! Dobbiamo sforzarci di progettare un futuro dove il benessere sia considerato come la normalità e sia connaturato in ogni nostra decisione, azione ed interazione. Il benessere si deve respirare nelle pieghe di ogni singolo processo aziendale!
Come possiamo dare concretezza a questa filosofia?
Senza girarci troppo intorno: dobbiamo creare le condizioni affinché sia data a tutti l’opportunità di provare emozioni positive nell’ambiente di lavoro. Il ritorno sull’investimento è gigante: le persone positive producono di più e meglio, acquisiscono sicurezza e si auto-propongono per fare cose nuove e sempre più sfidanti... Vanno oltre, sono più innovative e creative, attraggono e generano altra positività, sono positive anche nella loro sfera sociale e privata e - probabilmente - avranno una salute fisica e mentale migliore!
La gioia innesca le migliori dinamiche produttive e riproduttive. Mettere al centro la persona con le sue necessità ed emozioni è perciò senza alcun dubbio la strada maestra: il futuro è delle organizzazioni positive e felici! Non è affatto un caso che si stiano sviluppando nelle aziende nuove figure professionali focalizzate proprio sulla centralità del benessere.
Dove possiamo trarre l’energia giusta per alimentare questa cultura e quali sono le leve su cui agire a tuo avviso?
Innanzitutto, devono esserci un robusto set valoriale ed un chiaro senso della direzione. Valori e scopo devono andare “a braccetto” ed essere profondamente radicati nella strategia aziendale che, perciò, deve sempre essere percepita da tutti come “coerente”. Ci sono molti aspetti che condizionano i comportamenti delle persone come ad esempio gli spazi, la tecnologia, ecc. Ma i veri cardini secondo me sono altri.
Da un lato c’è la comunicazione, che deve essere sempre più permeante ed evolvere verso una dimensione più… emozionale e coinvolgente. Sto maturando l’idea che, per entrare davvero nella pancia e nel cuore delle persone, terminata l’emergenza sanitaria, dovremo avere il coraggio di sperimentare nuove forme di comunicazione di tipo più “esperienziale”. Siamo assuefatti ormai dai video e dai gadgets, dobbiamo inventarci qualcos’altro…
Cosa sta cambiando invece sul piano della leadership aziendale?
Dobbiamo investire su nuove competenze. Il concetto di gerarchia ormai si è estinto e si è fatto spazio un concetto più ampio di “leadership diffusa”. Ok il focus sugli obiettivi, ma definire ed implementare le strategie non basta più. Per essere un vero leader devi saper riconoscere lo stato di bisogno degli altri e dargli priorità, promuovere in tutti i modi la socializzazione, essere fonte di ispirazione e saper offrire alle persone gli strumenti giusti per districarsi, avere cura di tutti senza lasciare indietro nessuno ed incoraggiare le non conformità.
Si, credo che i leader migliori siano quelli che saranno in grado di stimolare le persone ad aprirsi, ad esprimere le proprie emozioni e la propria opinione per un bene superiore, perché così facendo riducono il senso di “incertezza collettiva” e creano la sicurezza psicologica che serve a tutti gli altri per esprimere a loro volta la propria visione delle cose. Tutto questo genera senso di appartenenza, contaminazione positiva, ed un bel senso di libertà e benessere!
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