Il Wall Street Journal ci racconta che negli USA sta crescendo un fenomeno nuovo nel mondo del lavoro: persone che si trovano la posizione cancellata e costrette ad accettare altri incarichi o andarsene. Si tratterebbe del “quiet cutting”, ne ha parlato anche Repubblica dove in un recente articolo si è chiesta se non si tratti di un licenziamento “camuffato” o quantomeno di mobbing. Insomma, l’azienda sposta i dipendenti e li mette al bivio: cambiare o lasciare. Dal “quiet quitting” la risposta delle aziende parrebbe il “quiet cutting”!
Un anno fa scrivevamo che dopo le Grandi Dimissioni nel 2021, la tendenza del 2022 era “quiet quitting”, ovvero una sorta di licenziarsi in silenzio, nel senso di attuare una strategia di “lavorare alla meno” come reazione alla nuova gerarchia delle priorità di vita post-pandemia.
Proprio il Wall Street Journal - riferimento dell’alta finanza e dell’imprenditoria statunitense – bollò la “rinuncia tranquilla” come una moda giovanile più che un riflesso di squilibri e insoddisfazioni più profonde delle persone nel rapporto con il lavoro. Fatto sta che le aziende avrebbero preso le contromosse a fronte della mancanza di entusiasmo e meno impegno nello svolgimento delle task.
Il quiet cutting dunque non è un vero e proprio demansionamento (che porterebbe a cause legali anche negli USA, dove le tutele sul lavoro sono minori che in Europa) ma un vero e proprio “accantonamento”. Di solito per ristrutturazione aziendale: vengono rivisti uffici, organigrammi, divisioni organizzative, e così i lavoratori vengono assegnati ad altri incarichi, anche diversissimi da quelli per cui erano stati assunti oppure spostati in altra sede.
Se licenziare una persona significa per l’azienda pagare comunque una indennità, può convenire tenere ancora la risorsa e le sue competenze a libro paga, aspettando che magari decida da solo di andarsene.
Attendiamo che il Wall Street Journal ci avverta con solerzia della strategia di risposta dei lavoratori vittime del quiet cutting!