Bisogna essere pragmatici quando si fissano degli obiettivi, specialmente quando questi coinvolgono una larga parte della popolazione e multinazionali con chiari interessi.
Qualunquismo? Sì e di quello preparato con mani esperte dai politici. In questo caso, si fa riferimento a Rishi Sunak, primo ministro inglese e leader dei Tories, il partito conservatore britannico.
Sunak ha recentemente espresso la volontà di rallentare le politiche green della Gran Bretagna per alleggerire quelli che lui stesso definisce “costi inaccettabili”, che la transazione green porterebbe in dote ai cittadini.
Nonostante, al momento, solo Londra abbia preso provvedimenti ufficiali in tal proposito, facendo slittare il ban sui veicoli a combustibile fossile di cinque anni, dal 2030 al 2035, anche in altri paesi europei ci sono governi che strizzano l’occhio al provvedimento dei Tories.
Al di là delle belle parole in favore del popolo vessato dai costi ambientalistici, c’è chi insinua che le Lobby del fossile stiano facendo pressione sui governi affinché si continui a bruciare petrolio e gas per spingere auto e riscaldamento domestico.
Quanti lavori nella green economy si sceglie di non creare?
È il caso dell’attivista di GreenPeace UK Phil Richards che accusa così il PM inglese:
“Rishi Sunak ha dimostrato una volta per tutte di anteporre i profitti delle compagnie petrolifere a quelli della gente comune”.
O peggio, scrive David Bol sul The Herald: “Il governo di Rishi Sunak è stato definito ‘l’ala politica dell’industria dei combustibili fossili’ dopo aver tenuto decine di incontri di lobbying con i giganti del petrolio e del gas.”
Al di là di accuse e intrighi internazionali, è doveroso constatare come il clima non sia in cima all’agenda dei governi più o meno progressisti. C’è anche da ricordare come in questo modo si buttIno al vento miliardi di Euro e Dollari già investiti nella transazione ecologica senza poi contare le migliaia di posti di lavoro nel green perduti.