Nel corso della storia, le nostre organizzazioni hanno sempre adottato una struttura gerarchica come modello predominante. Tuttavia, il modo in cui l'autorità decisionale viene attualmente distribuita è una conseguenza di un passato che, in molti aspetti, non è più pertinente per le sfide e le opportunità che affrontiamo oggi. Chi tra voi, infatti, oggi pensa che le strutture gerarchiche siano effettivamente in grado di percepire le mutevoli dinamiche del mercato, e di rispondere con prontezza ed efficacia? Probabilmente poche persone.
E perché, pur avvertendone peso, eccesso, lentezza non possiamo farne a meno? Qual è il rapporto tra gerarchia e paura? Esistono gerarchie “buone” a cui ispirarci? Cosa fare intanto per conviverci? A queste domande ha tentato di rispondere Marina Capizzi, co-fondatrice di Primate (società benefit e B Corp), consulente, executive coach, speaker e scrittrice, nel libro Non morire di gerarchia. Ridisegnare il campo da gioco per evolvere come persone, team e organizzazioni (Franco Angeli, 2023).
Capizzi pensa che tendiamo ad accettare questa impostazione come un male necessario, e che il solo timore del caos ci scoraggia dal cercare un cambiamento radicale. Ma la gerarchia è davvero un male? Bob Sutton, professore presso il Dipartimento di Scienza e Ingegneria Gestionale dell'Università di Stanford, non ne è così sicuro.
“Prendiamo come esempio il co-fondatore e CEO di Google Larry Page, che è stato descritto come ‘ossessionato’ dall'idea di far funzionare il colosso come un'azienda più piccola: nel 2001, quando Google è cresciuta fino a circa 400 persone, Page ha deciso che i middle manager stavano creando complessità e attriti, così si è sbarazzato di tutti loro.
Senza quei manager intermedi, però, era quasi impossibile per le persone svolgere il proprio lavoro e per i dirigenti comprendere e influenzare ciò che accadeva nell'azienda. Ha quindi imparato a sue spese che la gerarchia a volte può essere troppo piatta, e che i manager intermedi sono spesso una complessità necessaria", ha scritto il professore nel magazine universitario online Ecorner.
Sutton pensa quindi che, quando si scala un'organizzazione, sbarazzarsi totalmente della gerarchia sia l'obiettivo sbagliato. Il compito di chi guida le persone è costruire la migliore possibile.
Che si voglia quindi analizzare il fenomeno con Capizzi o con Sutton, una certezza rimane: l'evoluzione di questa struttura organizzativa rappresenterà (e già rappresenta) una delle sfide più importanti dei prossimi anni.