Tra la buona e la cattiva sorte del mondo nell’era digitale, il recente caso della catena di licenziamenti nelle società delle Big Tech, vede forse tendere l’ago della bilancia verso i lati negativi del sistema economico creato dall’era digitale? L’onda dei licenziamenti è una di quelle caraibiche: grande e potente. È possibile affermarlo sulla base del fatto che il fenomeno non resta circoscritto a poche aziende ma sta contaminando una lunga serie di imprese del settore digitale.
In complesso sono oltre 170 mila persone sacrificate per i bilanci delle Big Tech. Il caso ha i tratti di una seconda pandemia, solo alcuni esempi: Amazon, Vodafone, Microsoft e Google.
Quest’ultimo sappiamo essere il più recente: è il 20 gennaio quando, al posto del caffè, il buongiorno di 12 mila lavoratori è segnato da un improvviso quanto privo di tatto licenziamento.
La suddetta osservazione del caso non vuole concentrarsi infatti sull’atto in sé e per sé, quanto sulle modalità. Sulla base di una lunga serie di fattori, quale ultimo per cronologia e forse primo per gravità la pandemia, il licenziamento può essere ampiamente esplicato. Quello che non trova invece solide ragioni è la brutalità dell’atto, al quale hanno reagito in ugual modo le persone tagliate fuori dall’azienda così come i colleghi salvatisi da ciò.
A destare lo sconcerto è probabilmente la perdita di un fattore che si pensava facesse ormai parte del mondo lavorativo contemporaneo: l’umanità. L’annuncio è infatti semplice, lineare, diretto: <<a difficult decision to set us up for the future>> esordisce Sundar Pichai, il CEO di Google e Alphabet. Forse però la difficoltà non sta nell’annunciare i licenziamenti quanto nel prenderne atto da parte dei diretti interessati in un generale manifesto stampa. Tempo di lettura: due minuti. Tempo di metabolizzazione? Sicuramente più lungo.
A cavallo del 2020 - 2021, quindi durante la fase più acuta della pandemia, la società del gruppo Alphabet ha realizzato grandi profitti e assunto 50 mila nuovi collaboratori. Nel 2022 i consumi digitali sono diminuiti e per conseguenza ha scaricato “l’effetto frusta” dei mercati con il taglio delle risorse umane. I numeri sono in linea con le altre Big Tech: Amazon ha tagliato 19 mila lavoratori, Facebook 11 mila e Microsoft 10 mila. E proprio oggi Zoom ne ha annunciato il taglio di 1.300. Finora si sono salvati solo a Apple.
Sorgono spontanei una serie di quesiti. Il primo di questi andrebbe forse posto ai vertici delle aziende interessate: “non sarebbe forse il caso di porre un ente intermediario che unisca le esigenze di una grande aziende all’etica minima e sindacabile?”. Il secondo è che a forza di curare gli interessi degli azionisti, quindi licenziare per mantenere il medesimo saggio di profitto, non diventerà un autogol in termini di immagine?
Il caso, e tutti i suoi simili nel settore delle Big Tech, dimostrano come nella fretta di un mondo sempre più rapido si passi sopra ad esigenze in realtà assodate da tempo. Affidare invece la cura dei propri lavoratori ad un organo di risorse umane permetterebbe, anche alle aziende più tech, di dimostrare che la rapidità digital non intende mietere vittime quanto rivoluzionare positivamente la vita dell’essere sociale. Forse però è proprio questo ad essere stato tralasciato: l’azienda si rapporta ad una società il cui aspetto primario è la buona comunicazione. Lo è in ogni settore, dunque in quello lavorativo. Nel momento in cui questo fattore diventa nullo o inefficace si genera un nuovo modulo comportamentale.
All’ansia da prestazione si aggiunge, al confine tra il danno e la beffa, il timore di non dover più svolgere alcuna prestazione lavorativa. Si può facilmente dedurre come il clima emotivo e psicologico viri bruscamente verso la più totale degenerazione: quella, sempre più frequente, in cui il lavoratore è sottoposto ad uno stress forte e costante, concernente le sue mansioni e al tempo stesso la sua posizione lavorativa. Questa risulta infatti essere sempre più precaria: se fino a qualche anno fa il lavoratore si sentiva appeso ad un filo, oggi probabilmente la sensazione è quella di libera caduta. Resta solo un dubbio: se il lavoratore riuscirà ad atterrare in piedi.