È fatto noto che la fase più acuta della pandemia ha inevitabilmente cambiato i modelli di lavoro in tutto il mondo. L’impossibilità di presentarsi in ufficio ha aperto le porte a nuovi metodi lavorativi fatti di riunioni da remoto e una visione più agile che si è fortunatamente protratta anche post pandemia.
Ma quali sono le soluzioni adottate dai Paesi europei in fatto di lavoro agile?
Secondo un recente sondaggio che abbiamo proposto ai nostri lettori riguardo a quale Paese fosse leader in fatto di lavoro agile, il 69% ha indicato la Svezia. Una risposta che è stata confermata anche dai dati Eurostat mostrando che nel 2022, due anni dopo l'inizio della pandemia, in Europa il 50% delle imprese ha svolto riunioni da remoto. Le maggiori azioni, in questo senso, sono state registrate da quelle nordeuropee: il 79,4% in Svezia e il 78,5% in Finlandia, seguite poi da Danimarca (78%) e Irlanda (63,6%).
E l’Italia?
L’Italia, in questo senso, si trova ancora in una situazione poco chiara. Secondo i dati ISTAT, nel 2022 in Italia hanno lavorato in modalità agile il 10,8% dei lavoratori, circa 3,3 milioni di persone. Dando uno sguardo al 2023, i dati dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano mostrano che il numero dei lavoratori da remoto è cresciuto del 541% in più rispetto al periodo pre-Covid arrivando a 3,585 milioni. Un dato che pare aumenterà in futuro: nel 2024, infatti, i lavoratori da remoto arriveranno a 3,65 milioni.
Dall’altro lato, per quello che riguarda le riunioni aziendali, solo il 44,3% di queste avviene online: una percentuale che sta nel mezzo, ma inferiore rispetto a molti altri Paesi europei e che si abbassa se consideriamo le piccole e medie imprese, realtà molto presenti all’interno del nostro Paese. Parlando invece di settimana corta, la diffusione sembra essere ancora lontana. Questa modalità è infatti sempre più richiesta dai lavoratori italiani, ma poco messa in pratica nonostante in Europa venga sperimentata da anni. La maggior parte delle aziende che si sono mobilitate in questo senso, come Intesa Sanpaolo, Lavazza, Luxottica e Lamborghini, rientrano in un segmento di impresa più orientata al Luxury: molto più complicata, sebbene non impossibile, è una pianificazione all’interno delle PMI e, più in generale, delle aziende che offrono servizi continuativi.
Le soluzioni di lavoro agile negli altri Paesi Europei
Nel resto dell’Europa il lavoro agile ha continuato a evolversi dopo la pandemia anche grazie al progresso tecnologico. Capisaldi del lavoro agile sono sicuramente la Spagna e la Francia, che già da diversi anni regolano questa modalità con una legge specifica che definisce i diritti e i doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro. Ma non si tratta solo di questo: se in Italia il tema della settimana corta è ancora nebuloso, gli altri Stati europei si stanno muovendo verso un universo lavorativo in cui l’idea di lavorare quattro giorni può davvero essere considerata la normalità. Già nel 2021, la Spagna ha proposto una sperimentazione dei 4 giorni lavorativi di 3 anni per circa 200 imprese, con uno stanziamento per coprire i maggiori costi per le aziende al 100% nel primo anno di sperimentazione, al 50% nel secondo e al 33% nel terzo. Una scelta che segue quella di Software Delsol, azienda informatica spagnola che conta 193 lavoratori e che già nel 2020 aveva adottato spontaneamente e senza incentivi le 32 ore settimanali. In Francia la settimana lavorativa di 35 ore è la normalità dal 1997, quando Lionel Jospin divenne primo ministro.
Anche nel resto d’Europa la settimana corta continua a prendere piede: partendo dall’Islanda e passando per il Regno Unito fino ad arrivare al Belgio, molte imprese hanno iniziato a sperimentarla e a implementarla senza ridurre gli stipendi, scoprendone i benefici non solo rispetto ai lavoratori ma anche per ciò che riguarda le aziende stesse. Il Regno Unito, che come l'Italia regola il lavoro agile tramite accordi collettivi tra sindacati e aziende, ha sperimentato i 4 giorni lavorativi nel 2022 coinvolgendo 61 aziende e 2.900 lavoratori ottenendo ottimi risultati: Il 92% di queste ha infatti deciso di continuare con la settimana corta. Secondo i dati, il 39% dei lavoratori si è sentito meno stressato e il numero di persone che ha lasciato il proprio posto di lavoro è diminuito del 57% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lato imprese, Secondo Autonomy, la società che ha divulgato i risultati, i ricavi sono aumentati in media dell’1,4%. Un vantaggio riscontrato non solo all’interno delle grandi aziende, ma anche nelle PMI, come raccontato da Millionaire in questo articolo.
Come suggeriscono i dati e gli esperimenti fatti, l’Italia sta provando a stare al passo, ma tra accordi sindacali, carenza di modelli di misurazioni di performance, i cosiddetti KPI, e la poca fiducia instaurata tra manager e lavoratori, la verità è che nel resto dell’Europa si può parlare di “Smart working the new normal” mentre, per quanto riguarda il nostro Paese, la strada verso la "normalità" potrebbe essere ancora lunga.