La data ormai prossima del 30 giugno segnerà la fine della proroga per le disposizioni “straordinarie” in materia di smart working. Significa che se non saranno deliberati nuovi interventi normativi, cesserà di essere efficace uno specifico “diritto” a svolgere la propria attività in modalità agile. Questo diritto è attualmente attribuito ai genitori con figli fino a 14 anni di età, che lavorano per aziende private, e ai lavoratori cosiddetti “fragili” di datori di lavoro pubblici e privati.
Pertanto, con l’affievolirsi dei rischi determinati dal Covid-19, la normativa emergenziale si sta esaurendo e, di conseguenza, alla data del 30 giugno verranno meno anche le citate tutele “speciali” sul lavoro agile.
- Il ritorno al regime della “normalità” dello smart working dal 1° luglio.
Il “diritto” a prestare la propria attività in regime di smart working è una novità piuttosto recente, considerando che è sorto nel periodo pandemico con il fine di proteggere alcune categorie a rischio, per limitare la possibilità di contagio sui luoghi di lavoro.
Dal 1° luglio, quindi, si tornerà alla disciplina “normale” del lavoro agile, con la conseguenza che non ci sarà più alcuna garanzia per i lavoratori fragili o per i genitori con figli under 14 di poter continuare a usufruire dello smart working.
La normativa che tornerà in vigore non stabilisce più alcun “pieno” diritto per nessun dipendente a operare in modalità da remoto e sarà il datore di lavoro a poter formulare, eventualmente, alcune proposte al personale ritenuto più idoneo.
Se questo è vero, è altrettanto vero che è prevista la cosiddetta “priorità” per alcune categorie di dipendenti che volessero accedere a tale modalità di svolgimento della prestazione. Infatti, i datori di lavoro, che intendono assicurare lo smart working in azienda, dovranno privilegiare le richieste dei dipendenti con figli fino a 12 anni di età (senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità), dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata, o dei care givers.
Priorità significa che qualora la possibilità di ricorrere allo smart working sia limitata solo ad alcune risorse e vi sia da scegliere tra un lavoratore incluso nelle categorie “protette” e un altro dipendente qualsiasi, il datore di lavoro dovrà necessariamente preferire il primo.
- E in caso di accordi sindacali?
Una soluzione diversa potrebbe essere adottabile in quelle aziende in cui, nel frattempo, sono stati raggiunti degli accordi sindacali sul lavoro agile aventi ad oggetto, magari, anche la definizione di particolari categorie meritevoli di tutela. La contrattazione collettiva aziendale potrebbe essere infatti intervenuta per individuare situazioni di particolare disagio e difficoltà che possono essere risolte, o perlomeno gestite con più facilità, ricorrendo allo smart working e assegnando un vero e proprio diritto ai dipendenti interessati.
Più in generale, alcuni accordi sindacali prevedono anche per la generalità dei lavoratori o per ampie categorie di essi, il “diritto” di poter ricorrere allo smart working come modalità alternativa di lavoro. Tale fenomeno è certamente positivo perché va a definire, per ogni impresa, una disciplina “su misura”.
Potrebbe essere certamente auspicabile un ulteriore intervento normativo che definisca per alcune categorie un diritto “strutturale” allo smart working. Sicuramente tale soluzione determinerebbe un miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti interessati - e dei loro familiari - senza mettere a rischio la produttività aziendale. Il tutto considerando le molte analisi che confermano, ormai, come le persone in smart working non siano certo meno produttive di quelle che svolgono la medesima attività in presenza.