La Francia che domenica 10 aprile va al voto è un paese che esce da cinque anni di presidenza Emmanuel Macron, eletto nel 2017 a soli 39 anni, dopo due grandi sfide sfiancanti: la lotta al terrorismo islamico e la ripresa post-pandemia. Entrambe non sono state del tutto vinte ma Macron tenta il secondo mandato per mettersele alle spalle. La sua vittoria da indipendente cinque anni fa era stata accolta con sorpresa, ma anche con liberazione per la minaccia dell’estrema destra di Marine Le Pen. Allora l’erede del fondatore del Front National fece paura come non mai.
Il “ragazzo di Amiens” - ex membro del Partito Socialista e durante la presidenza di François Hollande già ministro dell’Industria dal 2014 al 2016 - è in testa ai sondaggi e pronto per la riconferma. Non è questa la sede per fare un bilancio del suo operato e quanto sia probabile una sua rielezione, piuttosto registriamo come durante il suo mandato abbia supervisionato diverse riforme del diritto del lavoro.
Decisamente liberale in economia, si è distinto pure per aver imposto lo smart working obbligatorio durante le fasi più acute della pandemia sanitaria.
Macron è figlio di medici, studi in una scuola cattolica, Laurea in Scienze Politiche, allievo di Jacques Attali, un impiego nella banca d’affari Rothschild, il suo curriculum professionale è quello di un borghese lontano dal destino della classe impiegatizia e operaia. Eppure, sono queste forze sociali che decideranno l’esito delle elezioni presidenziali.
Nel 2018 lo scopo della sua riforma del lavoro fu indebolire il potere contrattuale dei sindacati, rendere più semplici i licenziamenti e quindi, in teoria, anche le assunzioni. Il principio di base era più flessibilità nel mercato del lavoro in entrata e uscita. Diventato presidente con un tasso di disoccupazione al 9,4% ambiva a farlo scendere al 7% a fine mandato. Se nel 2020 la pandemia ha fatto rivedere le stime, oggi la ripresa ha riportato la Francia sulla traiettoria prevista e, con un 7,4% a febbraio, l’obiettivo è stato quasi centrato.
Tuttavia il suo movimento En Marche, come peraltro il centro-destra dei Repubblicani di Valérie Pécresse, in campagna elettorale ha guardato soprattutto a quadri superiori, professioni individuali e dirigenti d’azienda che insieme costituiscono il 20% della forza lavoro francese (dato Le Monde Diplomatique). Lasciando così al radicale di sinistra Jen-Luc Mélanchon (La France Insoumise) e all’estrema destra la contesa del voto della working class più popolare, dove è presente pure una non indifferente questione di genere in termini di precarietà. Il Partito Socialista, storicamente di riferimento per i lavoratori, insieme al Parti Communiste va verso l'irrilevanza politica.
Oggi, in Francia, quasi un lavoratore su due è operaio - 8 su 10 sono uomini - o impiegato - 3 su 4 sono donne - con titolo di studio e salari basso. Le classi medie del settore privato o del settore pubblico (dipendenti pubblici, infermieri, insegnanti…) sono schiacciate dall’austerità e dal deterioramento delle condizioni del lavoro che ne hanno ridotto le distanze sociali.
Il lockdown ha cambiato proprio l’immaginario del lavoro, facendo scoprire ai francesi che il paese nella pandemia si è basato su operatori sanitari, cassiere o fattorini piuttosto che su manager, ingegneri o contabili. E ancora, le donne sono il 48,5% della popolazione attiva ma il 52% delle classi lavoratrici. Come scrive Pierre Rimbert su Le Monde Diplomatique di febbraio:
<<Mentre la sostituzione degli operai industriali con i forzati delle piattaforme logistiche è resa evidente dal paesaggio che cambia – dove prima c’erano le fabbriche sorgono magazzini – rimane in gran parte ignorata una delle trasformazioni più formidabili della società francese: da un quarto di secolo, le classi lavoratrici sono in maggioranza femminili>>.
I lavoratori “essenziali” e il lavoro delle donne sono ancora la base portante di uno degli stati tra i più moderni d’Europa e del mondo. Ne hanno retto le infrastrutture comuni, dalla scuola alla sanità, facendosi carico di servizi vitali. Il loro voto alle elezioni servirà finalmente a qualcosa?