La notizia è stata data dalla CNN, a quanto pare Amazon pare abbia deciso di richiedere ai propri lavoratori di tornare in ufficio con il modello del 3+2. Ovvero, dal 1° maggio 2023 nella big tech dell’e-commerce si lavorerà per tre giorni dall’ufficio e per due giorni da casa.
Una mossa che segna la fine della politica del lavoro ibrido seguita da Amazon negli ultimi anni, un po’ sulla linea di quanto era stato deciso anche a Apple e Twitter nel recente passato. La decisione arriva in un momento molto delicato per la multinazionale di Seattle, che di recente ha confermato di avere in programma di licenziare quasi 19 mila lavoratori, con la giustificazione che nel biennio più acuto della pandemia ne aveva assunti 500 mila (fonte: Il Sole 24 Ore).
La volontà di ridurre lo smart working è arrivata da una dichiarazione del CEO Andy Jassy che è stata di questo tenore:
<< […] l’esperienza dell’ufficio migliorerà costantemente nei prossimi mesi e anni, man mano che i nostri team immobiliari e delle facility correggeranno gli errori e, infine, continueranno ad evolversi nel modo in cui vogliamo che i nostri uffici vengano organizzati per catturare i nuovi modi in cui vogliamo lavorare>>.
Jassy insomma ha difeso questa modifica organizzativa spiegando che il lavoro di persona porterebbe a una migliore collaborazione e al rafforzamento della cultura aziendale. Inoltre, la presenza in ufficio dovrebbe dare una spinta alle economie locali in cui si trovano le sedi di Amazon. Aggiungendo, peraltro, di essere consapevole che non è semplice riportare molte migliaia di persone negli uffici in tutto il mondo e, pertanto, sarà dato ai team che devono svolgere tale lavoro organizzativo il tempo per sviluppare un piano.
Sino ad oggi il colosso di Jeff Bezos non era stato in grado di definire una posizione chiara se lo smart working sarebbe stato mantenuto o meno all’interno del sistema organizzativo. Già nel 2021 più di una volta i collaboratori erano stati inizialmente richiamati in ufficio per poi rimandarne il rientro a causa di un peggioramento delle condizioni sanitarie.
Non solo disorganizzazione, se la dichiarazione del CEO si accosta a un’altra del 2020 - quando nonostante la pandemia Amazon aveva annunciato un investimento immobiliare da 1,4 miliardi di dollari in nuove sedi - forse sorge un altro sospetto.
Si tratta dei nuovi corporate hub a New York, Phoenix, San Diego, Denver, Detroit e Dallas. A cui bisogna aggiungere l’investimento da oltre 1 miliardo di dollari per l’acquisto di un immobile in pieno centro a New York, sulla Fifth avenue, dalla società di coworking WeWor. Ovvero lo storico edificio di Manhattan che un tempo ospitava gli iconici grandi magazzini Lord & Taylor ristrutturato e riconvertito a spazio direzionale. Amazon - terza società al mondo per capitalizzazione con 1.690 miliardi di dollari - se investe in nuovi uffici, viene naturale pensare abbia bisogno che i lavoratori li occupino!
Naturalmente la mia è solo una speculazione, ma nell’attesa di capire quale sarà l’accoglienza che i lavoratori Amazon riserveranno a tale novità, è spontanea un’altra considerazione: perché una delle cinque più importanti multinazionali del mondo - e forse la più avanzata tecnologicamente - ripiega su un semplice modello ibrido come il 3+2?