Zoom, la compagnia di videocomunicazione nota per il suo uso massivo nel lavoro a distanza durante la pandemia, ha richiesto ai collaboratori che vivono entro 80 km da una sede aziendale di tornare in ufficio almeno due volte a settimana. Mentre questa ironica tendenza (considerando che la stanno applicando molte aziende del BigTech che hanno fatto fortuna proprio con il lavoro digitale, come Amazon) si sta espandendo a livello internazionale, i sindacati in Australia stanno combattendo il fenomeno, portando in tribunale la più grande banca del Paese e lottando con il governo federale per chiedere che il remote working diventi la norma.
Tutto è iniziato ad aprile 2023, quando la terza banca australiana, la National Australia Bank (NAB.AX), ha ordinato a 500 dirigenti di tornare in ufficio a tempo pieno. Dopo una serie di controversie legali, a luglio la NAB ha accettato un accordo sindacale che dà a tutti, compresi i 500 manager, il diritto di richiedere il remote working - con limiti ai motivi di rifiuto.
Nella stessa settimana, il sindacato del settore pubblico ha raggiunto un accordo che consente ai 120mila collaboratori federali australiani di richiedere il lavoro da casa per un numero illimitato di giorni. Anche la Commonwealth Bank of Australia (CBA) è stata oggetto di denunce da parte dei propri lavoratori, inizialmente per aver respinto lo smart working, ma alla fine ha ceduto consentendo l'opportunità di lavorare da remoto per metà dell'orario “d’ufficio”.
Un precedente che potrebbe avere conseguenze a livello globale
CBA e NAB, comunque, hanno affermato che anche prima degli accordi sindacali le loro politiche consentivano accordi di lavoro flessibile, che erano ampiamente utilizzati.
"Ormai è chiaro: il lavoro da casa è qualcosa che resterà ben oltre la pandemia" - ha dichiarato all’agenzia Reuters Melissa Donnelly, segretario del Community and Public Sector Union che ha negoziato l'accordo federale australiano - "Questo è il risultato dell'accordo, e avrà un effetto a cascata in tutti i settori”, ha aggiunto.
L'obiettivo dei sindacati è evidente: garantire ai lavoratori il diritto continuo al remote working e sostenere le preferenze di coloro che desiderano continuare con questa modalità. La battaglia per ottenere questa flessibilità lavorativa sta influenzando in modo duraturo le leggi sul lavoro in Australia, e potrebbe anche ispirare altre nazioni a esaminare attentamente le scelte per adeguarsi alle esigenze contemporanee.