Il premier giapponese Yoshide Suga ha proposto la settimana lavorativa corta, una mini-riforma inserita nel Piano economico annuale. Quattro giorni in ufficio e uno a casa o in giro a consumare. Sembrerebbe assurdo in un paese dove non si riesce a diffondere neppure lo smart working ma che ha due annosi problemi: la bassa produttività e la bassa natalità.
Provare a tenere lontano dal lavoro o far lavorare in modalità agile i giapponesi può essere un tentativo per farli spendere e fare più figli? Risultato non scontato, le tecnologie che permettono di rendere infinito il tempo di connessione potrebbero essere anche controproducenti in una nazione di workaholics!
In Giappone già il lavoro agile ha trovato un’opposizione culturale ancestrale che non è stata scalfita neppure dalla pandemia da Sars-CoV2. Nonostante il ministro dell’economia Yasutoshi Nishimura lo scorso anno avesse chiesto alle aziende di consentire almeno al 70% dei propri dipendenti di fare smart working, modificare la routine imposta dai datori di lavoro non è immediata. Oggi, tra i grandi paesi a economia matura, qui solo il 20% dei dipendenti lo ha ottenuto, nonostante lo stato di emergenza prorogato fino allo scorso 30 giugno.
Quindi è lecito il dubbio già espresso sopra che pure il remote working faccia l'effetto opposto nell’iper-tecnologico Sol Levante: a fronte della riduzione dell’orario di lavoro, non si ottenga il risultato sperato e i giapponesi potrebbero semplicemente finire per lavorare di più. Evidentemente la cultura dell’Harakiri potrebbe avere anche questa declinazione!
Ma un assist al primo ministro arriva dalle Olimpiadi di Tokyo che inaugurano il 23 luglio e durano fino all’8 agosto. La motivazione per fare smart working stavolta sembra plausibile: lavorate da casa perché bisogna ridurre il traffico in concomitanza con la manifestazione sportiva! E qui apriamo un capitolo critico: la maggioranza della popolazione è contraria allo svolgimento dei Giochi per paura dei contagi, ma il governo ha puntato tutto sulla loro riuscita!
A tre settimane dalla cerimonia d’inaugurazione dell’Olimpiade, in Giappone, c’è tanta incertezza attorno all’evento: il paese è ancora sotto stress per un’ondata piuttosto grave di contagi da Sars-CoV2, ma nonostante l’opposizione generalizzata il governo non ha intenzione né di cancellare né di rimandare i Giochi olimpici.
Yoshide Suga sulla buona riuscita dell’evento si sta giocando la sua autorevolezza e il consenso, qui a ottobre si vota.
Eppure gran parte della popolazione, secondo un recente sondaggio, sarebbe favorevole a una cancellazione e pure gli sponsor hanno il dilemma di un rischio: associare il loro brand ad un evento popolare o a uno che rischia di essere boicottato (il pubblico sarà esclusivamente giapponese a causa delle restrizioni all’ingresso nel paese).
Se dovessi scommettere direi che l’estate a Tokyo avrà questo scenario: meno traffico, stadi vuoti, giapponesi in smart working senza entusiasmo…
Foto: metropolitana di Tokyo © Marco Cappelli