Qualche giorno fa abbiamo proposto l’intervista a Federica Granai di VoipVoice che toccava un nervo scoperto della nostra società: la difficoltà occupazionali per le giovani madri nel mercato del lavoro.
L’Italia è un paese di paradossi. Ci lamentiamo del basso tasso di natalità ma non si mettono in campo risorse per il sostegno, addirittura si penalizzano le donne nella scelta dei candidati.
La visione della donna che diventa madre è per qualche manager e/o imprenditore un ostacolo alla produttività. Forse la gravidanza è vista da qualcuno come una scocciatura che toglie energie e attenzione alla mansione? Eppure il nostro paese è quello che nell’Unione Europea ha la più bassa produttività e contemporaneamente la percentuale femminile più bassa in attività.
L’Istat certifica che oggi in Italia lavora solo una donna su due, per la precisione il tasso di occupazione è al 49%. Un dato negativo due volte perché è pure sceso rispetto al 2020, altra conferma che la pandemia ha colpito soprattutto le donne, le più penalizzate come quantità e qualità del lavoro.
Abbiamo un divario di genere paragonabile solo a Grecia, Romania o certe aree arretrate di Spagna e Polonia. Siamo ben lontani non solo dai paesi scandinavi, ma pure da paesi con i quali il confronto non dovrebbe essere così impietoso come la Francia o il Portogallo.
Per una donna oggi in Italia è già una notizia trovare un lavoro decente, figuriamoci trovare lavoro in una situazione di stato interessante! Per questo Simone Terreni è stato improvvisamente considerato su tutti i media l'esempio d’imprenditore illuminato.
Ora a noi fa piacere per lui questa visibilità, perché Terreni è un amico del nostro magazine - lo abbiamo già intervistato e ha partecipato in più occasioni come speaker allo Smart Working Day – ma semplicemente ha assunto una persona valida, che aveva superato una selezione, non cercava questa pubblicità.
La vicenda di Federica però ci insegna una cosa importante, cioè che alle giovani donne sia data una possibilità. Consideriamo che abbiamo sentito storie di molte di loro scartate a priori semplicemente perché erano in età di poter procreare. Questo è inaccettabile per un paese moderno. Siamo nel 2022 e ci sono tutti gli strumenti per accompagnare tranquillamente una donna che vuole avere un figlio. È molto semplice, ad esempio diminuendo i viaggi in azienda attivando lo smart working. Ecco quindi che abbiamo di fronte la sfida di riequilibrare questa distorsione tipica dell’Italia.
Cosa si potrebbe fare? Manca qualcosa dal punto di vista normativo? Non che io sappia, forse nell’applicazione, ma non tanto nell'assenza di strumenti. Ho così chiesto a Terreni, da un punto di vista pratico – imprenditoriale, quali sono i nodi da sciogliere.
- La fiducia: la donna che diventa mamma è forse una persona su cui non si può più contare? Diventare genitori significa anzi crescere in assunzioni di responsabilità.
- L’organizzazione: è consuetudine fare selezione del personale nel momento in cui si deve mettere una toppa all’organico. Magari già dall’analisi dell’anno precedente si intravedeva la necessità di un percorso d'inserimento per una nuova risorsa.
- La tecnologia: è impensabile nel 2022 non dotare i collaboratori di strumenti che permettano di operare in modalità realmente smart. Il lavoro agile non è telelavoro. Bensì farlo “intelligente” nel sento etimologico del termine: flessibile, adatto al dipendente, adeguato alle situazioni.
Scartare a priori una persona giovane significa precludersi una risorsa nel momento in cui questa è più creativa. Le donne, poi, sono mediamente più istruite, più propositive e resilienti degli uomini.
L’Italia che rinuncia alle forze più fresche della società è quella dove resiste il retaggio culturale che non distingue lo sviluppo economico dal progresso sociale.