Se lo smart worker lavora per obiettivi, lo smart worker calciofilo ha anche altri risultati a cui pensare, è iniziato EURO 2020! Poi però apro LinkedIn e questa settimana trovo molti post dedicati a Simon Kjaer che sabato è stato l’eroe in Danimarca – Finlandia. Quando il giocatore danese Christian Eriksen ha avuto un malore in campo, Kjaer si è precipitato a togliere la lingua dalla gola del compagno; lo ha messo su un lato, per favorire le operazioni di soccorso; ha tenuto calma la squadra, chiamata a proteggerlo dalle telecamere; infine ha consolato la moglie di Eriksen precipitatasi sul terreno di gioco in quei momenti di paura al Telia Parken di Copenhagen.
Un vero leader. Campione di “leadership emotiva” diremmo noi.
Lui è smart player e lo smart worker di EURO 2020? Senz'altro la sua intelligenza è stata esempio per tutti, quindi la cosa più smart che può fare lo smart worker è vedere più partite possibili! Sia mai che il management in azienda capisca che il calcio è organizzazione, quindi una cosa seria.
Sì perché il calcio è smart per eccellenza, nel senso che è un gioco per persone intelligenti. Non basta avere i piedi buoni, bisogna avere un'organizzazione, personale e di squadra. Ci vuole un manager, il capitano, che dia motivazione ai compagni giocatori verso un obiettivo comune in campo e un leader nello spogliatoio, l’allenatore, che dia una mission. Secondo me una squadra di calcio ha molto da insegnare all’azienda. Infatti, tra l’altro io per le partite di calcio della mia squadra del cuore mi sono spesso assentato - “giustificato” – dal lavoro!
Oggi che non vado allo stadio da un anno e mezzo il mio remote working ha spesso incrociato il calendario delle partite in TV.
Ma io non sono un calciofilo da divano, molte cose che ho imparato nello spogliatoio - quando giocavo - sugli equilibri di un team, mi sono state utili in ufficio in seguito. La vera competizione è per un obiettivo comune e non per fregare i colleghi. E allo stesso modo si va in campo avendo le idee chiare sui propri compiti, altrimenti non si gioca bene.
Sì, nelle squadre ci sono i ruoli proprio come in azienda, ma quando sei sul terreno di gioco da solo devi prendere le decisioni, un po’ come in smart working, quindi ci vuole fiducia nei compagni. E così il management dovrebbe averlo nei suoi collaboratori. Poi ovviamente c’è il leader, quello è indispensabile. Guardate Cristiano Ronaldo. Aldilà del talento, lo vedete spesso motivare uno ad uno i suoi compagni e prodigarsi in consigli. Chi non vorrebbe come manager uno con il carisma di Cristiano Ronaldo se fosse a capo di un’impresa?
A proposito, c’è stato lo smart working anche per il calcio.
Infatti, durante il lockdown del 2020, pure i campioni - proprio come tutti i lavoratori – hanno operato in modalità di lavoro agile. A ciascun giocatore professionista italiano i rispettivi club hanno consegnato una scheda di lavoro, comprendente una dieta specifica e alcuni esercizi che i giocatori del potessero eseguire all’interno delle proprie abitazioni, come sfide di abilità. Coordinamento in gruppi via Skype e pedalare sulle cyclette!
Dicevamo di EURO 2020, finalmente si gioca con un po’ di pubblico e ci sembra di essere tornati alla normalità. Il torneo continentale per nazionali - e tra un mese le Olimpiadi di Tokyo – ci fanno assaporare il gusto dell’evento e segnano una forma di ripartenza.
Qualcuno è tornato in ufficio, altri sono sempre in smart working, ma soprattutto un po’ di gente è tornata allo stadio!
Però come l’azienda, anche il calcio ha bisogno di una gestione oculata e qui casca l’asino. Con la pandemia Sars CoV 2 il governo del calcio europeo, l’UEFA, ha reso noto lo spaventoso buco causato dalle perdite per il settore del pallone nelle varie federazioni europee, da noi buco di 1,6 miliardi e debiti per 4,6. In pratica l’azienda calcio in Italia è fallita da anni, ben prima che arrivasse il Covid…