A Milano, in vista della riapertura delle scuole il prossimo 13 settembre, martedì in Prefettura è stato sottoscritto un nuovo protocollo dei “Tempi della città” per le aperture differenziate. Il trasporto pubblico avrà una capienza massima dell'80% mentre, per quanto riguarda il commercio, i negozi apriranno alle 10.15 con l’eccezione dei servizi essenziali che potranno aprire alle 9.30. Gli uffici comunali apriranno alle 9.30, tranne alcuni - come l’anagrafe o lo stato civile - che apriranno alle 8.30. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, dopo la firma del protocollo con il prefetto Renato Saccone, i sindacati e le associazioni di categoria, ha aggiunto:
<< […] noi raccomandiamo alle aziende di aprire gli uffici quanto più possibile alle 9.30, mentre la manifattura può aprire prima alle 8:00... Raccomandiamo uno smart working di almeno il 50%>>.
Il primo cittadino, ha pure invitato le scuole ad organizzarsi affinché gli alunni facciano ingresso per il 70% entro le 8:00 e il restante 30% dopo le 9.30. Quello che a noi interessa è proprio il messaggio di invitare le aziende a consentire lo smart working ad almeno metà dei loro collaboratori, non è poco considerando che l’area metropolitana di Milano è un “monstre” di 6 milioni di persone. Ecco quindi il passaggio nel testo della Prefettura di Milano in merito allo smart working:
- organizzazione del lavoro da parte dei datori di lavoro pubblici e privati assicurando la percentuale massima possibile di smart working (almeno il 50%, con particolare riferimento ad uffici direzionali ed amministrativi, ai servizi di consulenza, servizi ICT&Media, agenzie di viaggio) ovvero, per i datori di lavoro pubblici, nella percentuale massima prevista dalla normativa e con scaglionamento degli ingressi nelle sedi di lavoro in modo tale da favorirne l’accesso a partire dalle ore 9.30 del personale presente in servizio;
Una bella virata per Beppe Sala, che a giugno 2020 incappò in quella sfortunata uscita sul ritorno in ufficio letta come un’invocazione a tornare a lavorare. Una gaffe clamorosa poiché coinvolgeva anche i suoi dipendenti comunali!
Oggi sembra una risposta al ministro Renato Brunetta, il quale prevede al massimo smart working al 15%. Stavolta tocca a lui la parte di quello che chiede il ritorno in ufficio. Mercoledì, al question time alla Camera ha ribadito: <<lo smart working è stato una risposta emergenziale con il lockdown ma non ha garantito i servizi essenziali. Definirlo la soluzione è un abbaglio>>. Per completezza bisogna dire che il ministro ha aggiunto che quello a cui abbiamo assistito è stato “lavoro a domicilio”, senza contratto specifico e senza uno strumento di monitoraggio opportuno sugli obbiettivi.
Ma a molti appare una presa di posizione affrettata e poco ponderata. Su 3,2 milioni di dipendenti italiani del settore, il lavoro agile al 15% andrebbe quindi a riguardare solo 480mila persone, come osserva Luigi Mastrodonato in un articolo su Wired:
“[…] mentre gli altri 2,7 milioni tornerebbero quotidianamente a riempire strade e mezzi di trasporto. Una rivoluzione rispetto ai dati dello scorso anno, quando lo smart working nella pubblica amministrazione è arrivato a toccare punte del 56%, un dato che è comunque già in calo da diversi mesi”.
Una contro-rivoluzione per essere precisi a mio avviso (o una restaurazione che dir si voglia) dato che ormai il lavoro da remoto nella PPAA riguarda poco più di un terzo degli impiegati.
Quello che stride – ma al Forum economico di Cernobbio molti hanno "sparato" per ottenere attenzione dai media - è il rientro in sede per “favorire la ripresa economica dando impulso ad attività dell’indotto”, quando poco prima Brunetta aveva lodato un aumento del PIL del 2% imputabile ai buoni risultati della Pubblica Amministrazione.
Insomma ha ricalcato il “si torna a lavorare” di Sala con un anno di ritardo? In ogni caso nella PPAA resta il punto nodale del salto culturale per passare dal lavoro a procedura al lavoro per obiettivi. Speriamo sia solo una questione di tempo, perché comunque le nuove assunzioni di giovani sono destinate a portare una ventata di aria fresca. Per il momento, come sottolinea Marco Bentivogli, è consigliabile un’analisi operativa per migliorare le aree di lavoro con zone in cui lo smart working non può essere applicato, zone dove è migliorabile e zone in cui è stato adottato perfettamente.
Tutte le altre esternazioni contro lo smart working sono battaglie anacronistiche.