Negli ultimi tempi gli esperti di economia internazionale si stanno interrogando sul futuro della globalizzazione, dove sembra che il lavoro da remoto la farà da protagonista. Dopo il periodo di grande apertura e intensificazione degli scambi commerciali che hanno coinvolto le grandi economie emergenti, prima tra tutte quella cinese, sembra che si sia finalmente raggiunto un momento di inversione di marcia. Al grande collasso degli scambi internazionali conseguente alla grande recessione è infatti seguito un altalenante periodo di declino, che ha relegato la quota di interscambio commerciale attorno al 40% del PIL mondiale, rispetto al picco del 50% raggiunto nel 2008.
Sebbene siano in molti a parlare di deglobalizzazione, questa è solo metà della storia. Infatti se guardiamo all’interscambio di servizi, escludendo viaggi e trasporti, si arriva a valori che si aggirano attorno al 20% del PIL mondiale. Un valore che, seppur inferiore rispetto alle merci, si colloca in una tendenza che non solo è in linea col precedente periodo di espansione, ma non accenna a rallentare. È da questa constatazione, basata sui dai dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, che l’economista Richard Baldwin ha elaborato le sue previsioni sul futuro della globalizzazione in un paper scritto per la BCE “Globotics and macroeconomics: Globalisation and automation of the service sector”.
Come si spiega questa biforcazione nell'economia mondiale? E quali sono le sue conseguenze per il futuro?
La globalizzazione non è un fenomeno recente: si può parlare di una sua prima manifestazione, durante il XIX secolo, dovuta alle tecnologie della Seconda rivoluzione industriale e al ruolo egemonico dell'Impero britannico. Il suo funzionamento era basato sul semplice arbitraggio tra i prezzi che le merci avevano nei vari mercati internazionali. Tralasciando il periodo tra le due guerre mondiali, che ha visto gli scambi internazionali avvizzirsi, questo sistema è perdurato fino agli anni ‘90, quando un nuovo tipo di globalizzazione si è manifestato.
Ora la rivoluzione informatica permette di fare ciò che prima era impossibile: internazionalizzare e frammentare le catene del valore, consentendo di delocalizzarne certe parti laddove, a parità di altre condizioni, il costo del lavoro da remoto sia più conveniente. Come scrive Baldwin, è come se in questa fase fossero non solo i beni ad attraversare le frontiere, ma anche le fabbriche. In entrambi i casi però, l’arbitraggio non può durare in eterno, portando fisiologicamente a momenti di stagnazione degli scambi internazionali, come quello che stiamo attraversando.
Tuttavia i servizi, che come detto stanno continuando ad essere oggetto di vivaci scambi internazionali, non rientrano in questo quadro. La spiegazione è data dalle tecnologie informatiche, molto più evolute di quelle di 30 anni fa, che consentono di fare nel mondo dei servizi quell’arbitraggio che altrove non riesce più ad essere il motore dell’economia mondiale. Piattaforme informatiche quali Upwork, Freelancer e Zhubajie, riescono a mettere a disposizione delle imprese del mondo ricco un numero enorme di lavoratori dei servizi facendo leva su un divario retributivo considerevole.
Si tratta molto spesso di lavoratori già formati perché lavoravano già da prima nei servizi (come grafici, informatici, amministrativi, contabili e via dicendo) facilmente raggiungibili grazie al lavoro da remoto. A ciò si aggiunge la quasi totale assenza di barriere di carattere normativo a questo tipo di scambi, specialmente per la categoria più importante di servizi, quelli cosiddetti intermedi che, a differenza di quelli finali, si espletano nell'ambito dei rapporti business to business senza coinvolgere il consumatore finale.
È facile immaginare come un simile scenario possa da un lato rappresentare una ghiotta opportunità per le imprese e per i collaboratori, e dall’altro un elemento di preoccupazione per i lavoratori dei paesi più ricchi che si troveranno a subire ulteriore concorrenza oltre a quella, molto discussa in questo periodo, derivante dalle intelligenze artificiali.
Tuttavia se la globalizzazione dei servizi sia una tendenza inevitabile è impossibile da prevedere: un limite dell’analisi di Baldwin è che ignora completamente le dinamiche politiche, che invece stanno condizionando fortemente l’economia mondiale, basti pensare ai fenomeni del re-shoring, alla guerra dei chip e alle varie iniziative di politica industriale. Anche il settore dei servizi potrebbe venirne travolto?