Del Portogallo se ne parla sempre poco, ed è un peccato, perché il paese da cinque anni – sotto il governo socialista del primo ministro António Costa – si sta ergendo in Europa come modello di progressismo. In quest’ottica ecco il Parlamento lusitano che approva la legge sul diritto alla disconnessione!
Significa che ai manager sarà vietato contattare con mail e telefonate i dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro. La volontà è quella di garantire un miglior bilanciamento vita-lavoro dopo il periodo della pandemia che si è caratterizzato dell’overworking. Quindi si vuole tutelare il lavoratore con la libertà di non rispondere alle comunicazioni durante il periodo di riposo, senza che questo abbia ricadute negative sulla sua posizione professionale.
Tra le norme approvate – che riguardano le aziende con oltre 10 dipendenti - c’è anche il divieto di monitoraggio a distanza e l’obbligo di organizzare dei meeting in presenza con i collaboratori, al fine di mitigare gli effetti della sensazione di isolamento.
Pure in Portogallo lo smart working ha permesso di salvare posti di lavoro ma, come ha accertato l’indagine del Parlamento Europeo, il 27% dei dipendenti europei in modalità remote working avrebbe lavorato anche fuori dell’orario standard. Togliendo tempo alla famiglia, intaccando il proprio tempo libero e il riposo con conseguenze sulla salute psico-fisica.
Jonathan Malesic sul The New York Times ha recentemente scritto che “la pandemia ha mostrato quanto sia sbagliato e ingenuo basare la nostra esistenza sul tipo di lavoro che facciamo”. Cosa significa? Che la struttura etica del lavoro è ormai ovunque oggetto di dibattito. Un sistema rimasto legato per decenni a dei capisaldi immutabili sta ora barcollando: le 40 ore settimanali, i cartellini da timbrare, le riunioni, le trasferte, i report di produttività basati su standard assunti ma poi difficili nella pratica da rispettare… Insomma tutta una struttura che ha generato stress, estraniamento e assenteismo.
Quindi, dobbiamo dare valore a quello che genera valore e non barnout. La novità che arriva dal Portogallo si sposa bene con l’assunto dell’articolo di Maselic, dal titolo “The Future of Work should be working less”, dove l’accademico americano sostiene:
<<we now have space to reimagine how a job fits into good life>>.
Ovvero spesso le persone hanno trovato un significato profondo della loro vita nel lavoro. Le aziende hanno sfruttato questo fatto per spingere i collaboratori a fargli credere che fosse giusto e logico. Ma la pandemia è stata una rivoluzione che ha messo in discussione anche la vera essenza dell’etica del lavorare.
The Future of Work, se lo vogliamo veramente smart, dovrebbe essere basato sul miglior bilanciamento con la vita privata e il benessere della persona al centro. Quindi, oltre il diritto alla disconnessione, ben vengano questo genere di norme, auspicabile sono anche reddito di base, salario minimo o addirittura settimana corta. In una frase: il lavoro sia subordinato alla vita e non viceversa.
Il diritto alla disconnessione sarà uno dei tanti temi che saranno affrontati nelle due giornate dello Smart Working Day - il 19 novembre a Milano e il 25 novembre a Roma – dove con speakers di alto livello ci confronteremo su come rendere lo smart working “utile” (riprendo una definizione dall’intervista di Samuel Lo Gioco).
Foto: Lisbon @ Terry Kearney via Flickr