La Lombardia è la regione con più casi di infetti da coronavirus e purtroppo anche da panico. Un panico esagerato poiché l'Organizzazione Mondiale della Sanità non la considera una "pandemia", cioè il livello superiore e ben più grave di diffusione dell'infezione, ma una epidemia con un focolaio ben preciso, come tutti sanno.
Troviamo molti articoli in questi giorni dedicati alle misure prese dalle grandi aziende milanesi per contenere gli spostamenti dei dipendenti in ottica prevenzione. Abbiamo dato un'occhiata ai riferimenti allo smart working come da nostro interesse.
Repubblica oggi sceglie il titolo "Addio ufficio, con il coronavirus Milano lavora da casa", il quotidiano milanese per eccellenza, Il Corriere della Sera titola "Da Unicredit ad Armani e Heineken: smart working per contenere il virus". Anche il popolare magazine on line Milano Today affronta la questione con: "Coronavirus, le multinazionali di Milano si organizzano: smart working per i dipendenti".
Proprio dall'articolo di Raffaele Ricciardi su Repubblica troviamo un pò di dati per capire queste prove tecniche di "lavoro agile di massa" alla milanese.
Ad Allianz, dei circa 2.600 dipendenti che lavorano nel distretto finanziario, la metà non è in ufficio. Tutti gli abilitati allo smart working (1.200 dipendenti su 5 mila in Italia), lavoreranno da casa. Flessibilità pure negli orari per evitare quelli di maggior affollamento nei mezzi pubblici.
A Generali, dove già lavorano in remoto due giorni alla settimana il 50% dei dipendenti a livello di gruppo, grazie a un accordo sindacale, 2.100 dipendenti sono invitati a utilizzare al massimo questo beneficio contrattuale.
Interessante il commento di Ricciardi a chiusura del suo articolo odierno: <<Produttività in aumento, più tempo per la famiglia, risparmi sui trasporti e sulle emissioni, riduzione dell'assenteismo (meno 20-30% alle Generali): questi i dividendi, in tempi di pace, dal lavoro smart. Garanzia della continuità operativa, in tempi di crisi. Tutti i big vi stanno facendo ricorso: 1.600 dipendenti in Aon, altri mille in Snam, solo per citarne alcuni.>>
Insomma, questa epidemia sta testando le capacità di ricorrere allo smart working delle nostre più importanti realtà per prevenzione della diffusione dell'infezione. Ci preme però fare una precisazione di concetto. Quando parliamo di questa modalità bisogna distinguerla dal semplice invito ai dipendenti a lavorare da casa.
Lo Smart Working è e resta un accordo sottoscritto dalle parti con un contratto e regolato dall'entrata in vigore della Legge n. 81/2017. Da corredo ci sono alcune imprescindibili clausole accessorie, tra cui citiamo "il diritto alla disconnessione" per esempio.
Nella speranza che l'epidemia da coronavirus si risolva in tempi brevi, resteranno queste prove tecniche diffuse di applicazione del "lavoro agile". Contiamo siano l'occasione per farlo diffondere velocemente nelle nostre aziende proprio come un virus!
Foto: Milano, ©Nicolas Vigier